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Bergamo e Brescia, capitali dell'architettura

Viaggio nel patrimonio monumentale delle due città lombarde

​Maria Antonietta Crippa

Ho sempre condiviso l’ammirazione incondizionata di architetti come Le Corbusier e Frank Lloyd Wright per la città di Bergamo, per il suo generoso e civile abbraccio in cui grandi monumenti e tessuto edilizio, da un lato, conformazione naturale e disegno urbano, dall’altro, si fondono in una densa stratificazione storica senza soluzione di continuità e in due parti di città tra loro ben distinte, l’Alta e la Bassa. A ragione molti architetti e urbanisti negli ultimi decenni le dedicano grande attenzione: ne apprezzano la singolarità tra le città italiane, soprattutto il suo essersi formata per centralità differenziate, ognuna con propria identità. Sul colle è insediata infatti la Città Alta, con il suo centro politico e religioso; sul piano la Città Bassa, oggi investita non da un semplice ampliamento ma da una sua riorganizzazione bipolare, per un ripensamento su senso e forma delle città contemporanee maturato nella seconda metà del secolo scorso.
Il policentrismo che ogni grande città moderna italiana insegue faticosamente, in quanto figura adeguata alla sua vastità e complessità, qui dunque è fenomeno già da tempo in atto, favorito dall’incontro tra morfologia naturale del sito e storia, si potrebbe dire tra natura e modi dell’umano abitare che, nel corso dei secoli, ha di continuo rimodellato una primigenia matrice insediativa. Se l’abitato romano infatti occupava la parte più interna dell’attuale Città Alta, si erano già costituiti con esso vari suburbia più bassi lungo le strade di accesso; con il governo longobardo due corti regie dividevano ormai i due centri.
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Morfologia, figura della città e primato in essa della polarità tra urbs e civitas, o tra fisicità e socializzazione, furono temi centrali per molti negli anni Cinquanta del secolo scorso. Dopo le distruzioni della Seconda guerra mondiale e le successive ricostruzioni ed espansioni immediate, emerse la generale articolazione tra nucleo antico, detto centro storico, e periferie, queste ultime in continua crescita a danno di suoli extraurbani segnati da secolari e sapienti modifiche contadine. Scattò allora prepotente un bisogno di storia e di memoria di cui tuttora viviamo, sia pure in modo contradditorio. Prezioso e insieme fragile divenne il “cuore” delle città. Complesso il modo di preservarlo. Struggente il bisogno di riscoprirlo.
Di tutto ciò Brescia offre, con meravigliosa originalità e non facile condiscendenza a superficialità di gusto, esemplare documentazione. Ai piedi del colle Cidneo dominato dal castello d’origine viscontea, uno dei più vasti complessi fortificati della penisola e oggi museo militare, coronata dalle Prealpi allo sbocco della Val Trompia, adagiata nelle ultime propaggini della Pianura Padana, essa possiede un eccezionale cuore pulsante di lunga durata - d’età romana, poi medievale, quindi rinascimentale, barocca e neoclassica - alimentato dal dinamismo imprenditoriale dei suoi abitanti che non disdegnano la moderna sfida dei grattacieli, tra i quali il Crystal Palace del 1992, alto 110 metri, è uno dei 43 tall buildings italiani. Per esemplificare la densità del rapporto tra passato e presente della sua e nostra storia mi soffermo qui solo su alcune delle sue coinvolgenti presenze monumentali.
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