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I luoghi dell’incontro

Nelle terre di Abramo, dei patriarchi e dei profeti. Un viaggio tra i santuari delle comuni radici per ebrei, cristiani e musulmani

​Se la fede si può intendere, a dirla con Dante, come “sustanza di cose sperate ed argomento delle non parventi”, vale a dire espressione di un sistema di rapporti fra l’essere umano e ciò da cui egli si sente in qualche modo invaso, avvolto, circondato e sovrastato, una religione si definisce ordinariamente come l’espressione storica concreta – che varia con il variare delle culture e il trascorrere del tempo – di tale fede.

Alla luce di ciò, si sarebbe tentati di parlare di una “fede abramitica”, espressa dal racconto della Genesi a proposito dell’incontro fra Dio e il patriarca “padre delle genti” discendenti da Sem figlio di Noè, nonché del patto stipulato tra loro e in seguito declinato in tre successive versioni, tre “religioni” appunto: quella di Mosè nata tra i discendenti di Isacco, quella di Gesù che è andata al di là dei confini genealogico-etnici entro i quali si muoveva la prima, infine quella di Muhammad germogliata tra i discendenti del fratellastro di Isacco, Ismaele. Quest’ultima, sviluppatasi parallelamente, e tuttavia al di fuori, della tradizione scritturale ebraica – che, con alcune modifiche, è passata ai cristiani – dimostra nel Corano di conoscere in più parti il contenuto di entrambe. Se il Dio creatore e onnipotente è il medesimo, perfettamente identificabile nelle tre versioni religiose – e vani sono stati i tentativi, più o meno maldestri e preconcetti, di negarlo –, differenti sono tuttavia i modi di concepirlo, vale a dire le rispettive teologie: se ebraismo e islam restano più prossimi fra loro e alleati nell’estraneità rispetto al tema dell’Incarnazione e quindi del Cristo “vero Dio e vero Uomo”, i temi del “peccato originale” e dell’onnipotenza “assoluta” e “ordinata” di Dio vedono ebrei e cristiani concordi mentre i musulmani ne restano estranei.
Oltre a queste differenze, va sottolineato il carattere di “reciprocità imperfetta” fra le tre religioni abramitiche. L’ebraismo, che è la primigenia, non ha, dal suo punto di vista, alcun bisogno delle altre due. È “intrinseco” al cristianesimo dal punto di vista del cristianesimo stesso, che nasce dal suo seno con Gesù di Nazareth, “figlio di David”. In tempi recenti l’intrinsecità dell’ebraismo rispetto al cristianesismo è stata esplicitamente e solennemente richiamata da papa Giovanni Paolo II. L’islam d’altronde, che non è intrinseco a nessuna delle altre due religioni, le riconosce entrambe a sé “intrinseche” in quanto senza i patriarchi e i profeti – compreso Issa, vale a dire Gesù considerato grande profeta per quanto se ne neghino divinità e resurrezione – esso sarebbe inconcepibile. Infine, il cristianesimo rivendica la sua perfezione rispetto all’ebraismo in quanto Gesù è compimento del disegno divino, e l’islam rispetto a entrambe in quanto Muhammad vi è considerato “sigillo della profezia”.

 
di Franco Cardini