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Il dolce esilio italiano dei poeti inglesi

Lord Byron scelse Venezia come sua vera patria, Shelley si innamorò del vento del golfo di Lerici

​Roberto Mussapi
La visione di Venezia fu subito un incanto. «L’isola più verde della mia fantasia», scriveva all’amico Thomas Moore il 17 novembre 1816. Era arrivato in barca, sette giorni prima, in una giornata di pioggia, in quella che sarebbe diventata la sua città: città ideale e sua città di fatto, se decise subito di stabilirsi. Iniziò a frequentare la vita veneziana, imparò voluttuosamente la lingua. E in breve sarebbe divenuto uno dei grandi poeti e artisti e cantori di Venezia: accanto a Canaletto, Guardi, Vivaldi, Goldoni, il nobile inglese George Gordon Byron. Uno dei massimi poeti romantici, con Shelley, Keats, Coleridge, Novalis: la poesia torna a respirare l’anima del mondo.
La Venezia di Byron non è solo quella del suo tempo, politicamente decaduta ma socialmente vivissima, allegra, luminosa, danzante, insufflata di ebbrezza, ma l’archetipo di Venezia, impermeabile al tempo, il mito della città edificata sull’acqua, città specchio, laguna, calette, vetri, ovunque l’incanto delle trasparenze dorate e tornite di Murano. Grazie a Byron, mentre Venezia fu celebrata in un capolavoro, Beppo, una storia veneziana, la letteratura inglese scoprì un nuovo genere poetico, inesistente fino allora, quando Byron lo inventò sul modello dei maestri italiani Ariosto, Pulci e Boiardo: il poema eroicomico in ottave. Lo inventò per condurre il lettore nelle peripezie leggere e irresistibili del veneziano Beppo, nella danza delle giovani donne maliziose, belle e sempre disponibili, allegre come bollicine di champagne, di cui colmava i calici nelle feste sontuose nel suo e in ogni altro palazzo, circondato da amanti felici e ridenti come in un sogno.
Leggendario nuotatore, compie traversate celebri, e spesso, all’alba, finite le feste danzanti, si tuffa in abito da sera nel Canal Grande e raggiunge a nuoto la sua dimora.
Lasciando la non amata Inghilterra, nel viaggio verso l’Italia aveva conosciuto, a Ginevra, l’altro grande poeta, di cui sarebbe divenuto amico per la pelle. Incontrò Percy Bysshe Shelley e la moglie Mary, una gita sul lago cementò un’amicizia nata immediatamente, come sempre in Byron, come l’amore per Venezia.