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Il volto selvaggio delle città

I centri urbani stanno diventando l’habitat per una fauna proveniente dagli spazi aperti. Quali sono le conseguenze?

​Volpi e cinghiali, scimmie e pappagalli: ormai in città la fauna selvatica è variegata e in forte crescita. Perché è calda (2-3 gradi più che la campagna), piena di accoglienti anfratti, spesso dotata di tranquilli parchi. Abbonda di spazzatura, dove non manca il cibo per chi non va troppo per il sottile. E le sue luci notturne attirano schiere di insetti che fan gola agli uccelli. Anche quello della nuova fauna urbana è un fenomeno collegato alla globalizzazione. Non solo perché ovunque le città si estendono e assorbono porzioni sempre più vaste del territorio prima occupato dalla campagna, ma anche perché l’infittirsi di viaggi e commerci facilita l’arrivo di specie estranee.
Così in città oggi troviamo «animali opportunisti, come la nostra volpe – spiega Giorgio Bardelli, biologo del Museo di Scienze naturali di Milano – capaci di adattarsi a vivere un po’ ovunque. Ma anche i cosiddetti “alieni”, come lo scoiattolo grigio che, diffuso nel Nord America, ora, più forte e aggressivo, qui in Italia sta prevalendo sul nostro scoiattolo rosso. È un problema grave, che si presenta con molte specie, non solo di uccelli e mammiferi, ma anche di insetti. Come nel caso della zanzara tigre, ormai insediatasi stabilmente in Europa».
Nelle città italiane storni e cornacchie fanno concorrenza ai piccioni mentre i passerotti son sempre più rari. E se non mancano upupe, barbagianni, gufi e tortore, qua e là vigilano falchi assestatisi su torri e campanili.
A Roma e Genova i cinghiali sono quasi di casa. Non abituati al vivere civile, costituiscono un problema per il traffico e possono diventare pericolosi: i maschi in calore sono irascibili e se le femmine vagano con i piccoli sono iperreattive. «Anche loro sono “alieni”: quelli introdotti in passato dall’Europa dell’est – riferisce Bardelli – sono più grossi e prolifici di quelli autoctoni».
Lo stesso avviene all’estero. Un paio di anni fa un coyote è stato fotografato su un tetto nel Bronx, a New York. Da alcuni anni è normale trovarne in città: a Chicago diverse famiglie sono ormai alla seconda o terza generazione. In India oltre alle vacche sacre in molte strade si sono stabiliti i macachi che, se riuniti in branchi, sono capaci di depredare i mercati rionali.
Gli animali inurbati sembrano essere quelli dotati di migliore capacità di risolvere i problemi, riferisce il “National Geographic”: uno studio del 2015 condotto dalla McGill University ha trovato che i fringuelli urbani sono più abili dei loro colleghi campagnoli. E Suzanne MacDonald, psicobiologa della York University di Toronto, riferisce di studi condotti su ventidue procioni cittadini e altrettanti rurali: i primi sono più bravi degli altri nel procurarsi il cibo dai cassonetti. Una dieta a base di rifiuti che sembra giovevole: le volpi urbane americane crescono meglio e si riproducono più copiosamente di quelle di campagna. E alcuni insetti fungono da riciclatori: pare che a Broadway, la grande via di Manhattan, le formiche riescano a consumare oltre mezza tonnellata di rifiuti alimentari l’anno.

di Leonardo Servadio