Luoghi dell' Infinito > L'invenzione della Via della Seta

L'invenzione della Via della Seta

Nella storia non è mai esistito un percorso indicato con questo nome: i molti commerci avvenivano su una fitta rete di piste carovaniere. Solo nell’Ottocento è divenuta un mito, che la Cina di recente ha rivitalizzato

​Alessandro Vanoli
Bisogna cominciare dalla fine. Da un nome che forse esiste oggi molto più di ieri. Sì, perché la “Via della Seta” è fondamentalmente un’idea romantica. Un’idea inventata in Europa. E in tempi piuttosto recenti per giunta: quando appunto l’Occidente vedeva nel­l’Asia una terra di sogno e di conquista. Più precisamente fu il viaggiatore tedesco Ferdinand von Richthofen alla fine dell’Ottocento a coniare il nome Seidenstrasse, “via - o strada - della seta”, con riferimento a uno dei beni più preziosi che vi si scambiava.
In realtà quella strada non c’era; o meglio non c’era nessun percorso che mettesse in comunicazione diretta l’Est con l’Ovest. C’era piuttosto una vasta rete di itinerari che si estendevano dal cuore della Cina attraverso l’Asia, in direzione del Mediterraneo, con collegamenti a vie trasversali che portavano verso Nord e verso Sud. Anche la seta c’entra sino a un certo punto, perché è ben noto che su quelle strade viaggiò di tutto, oltre alla seta: carta, spezie, ceramiche cinesi, cobalto iraniano.
E questa rete di itinerari era a dir poco antica. Difficile, impossibile forse, dire quando davvero cominciarono gli scambi lungo le vie dell’Asia, anche se abbiamo numerose prove archeologiche e linguistiche di una grande antichità. Forse i contatti non si svolsero attraverso strade e vie consolidate, forse si trattò per lo più di una complessa rete di brevi tratte. Ma i contatti vi furono e probabilmente ben più continui di quanto spesso si coglie. Le steppe eurasiatiche furono occupate attorno al quarto millennio a.C., e certamente dal 3000 a.C., da parte di comunità nomadi che praticavano forme estese e mobili di pastorizia a cavallo. La mobilità dei pastori eurasiatici assicurò la vastità e la capillarità dei contatti e degli scambi di idee, tecnologie, prodotti, lingue e costumi.
Ma fu in tempi più vicini che questi traffici e commerci presero a organizzarsi. Lo vediamo nelle tracce lasciate nel mondo greco o nell’impero persiano. Lo vediamo soprattutto in Cina. Fu attorno al 200 a.C., con la fine della lunga stagione degli Stati combattenti e con l’ascesa al potere dell’imperatore Qin Shi Huangdi, che l’impero cinese si consolidò nel nord del paese: risalgono a quei tempi la prima traccia della Grande muraglia e la tomba con l’esercito di terracotta a Xi’an. Risale a quei tempi anche la prima organizzazione della via commerciale che dalla Cina nordoccidentale conduceva verso ovest, attraverso una strada delimitata a sud dalle montagne e a nord dal deserto dei Gobi, sino all’arido passo montano della Porta di Giada. Da lì si dipartivano più strade, che attraversavano a nord-ovest il sistema montuoso del Tien Shan, le Montagne del Cielo; a sud-ovest il deserto del Taklamakan, propaggine occidentale del deserto del Gobi: un immenso deserto di sabbia attraversato da dune altissime. Per secoli mercanti, avventurieri e monaci buddhisti trasportarono di tutto su quelle strade: giada, vetri romani, cotone indiano, spezie, erbe aromatiche, pietre preziose, carta, porcellane cinesi e, naturalmente, seta.Uno scambio che avveniva anche in direzione opposta e che vide differenti protagonisti nel corso dei secoli: i viaggiatori musulmani e poi a partire dal pieno Medioevo anche i mercanti cristiani, tra cui genovesi e veneziani, che si spingevano spesso sino ai porti del Mar Nero.
Nel XIII secolo la grande rivoluzione: da una parte il crescente potere dei mercanti europei, e dall’altra l’invasione mongola che per una stagione unificò l’intera Asia, rendendo possibili viaggi lunghissimi e affari commerciali senza più il problema dei tanti intermediari. Non a caso l’avventura di Marco Polo si colloca alla fine di quel secolo. Le informazioni che egli lasciò nel Milione e che tanti altri, mercanti e missionari, dopo di lui continuarono a fornire, parlano di un mondo a dir poco complesso e vivo. Un mondo fatto di scambi linguistici (una delle lingue franche era il persiano), di intrecci culturali. Un mondo dove le persone si incontravano, si mescolavano e scambiavano conoscenze e credenze; dove buddhismo, islam, cristianesimo e altre religioni continuavano a viaggiare influenzando e arricchendo le culture lungo il percorso.
[...]