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La Scuola Grande di San Marco, dove la carità è arte

La “schola magna” veneziana intitolata al patrono testimonia l’unione cristiana di spiritualità, cura e bellezza

​Mario Po'

In Campo Santi Giovanni e Paolo, a Venezia, ci sono tre monumenti di grande interesse: l’omonima basilica domenicana, chiesa di Stato della Repubblica fino al 1797; la statua equestre a Bartolomeo Colleoni, opera di Andrea del Verrocchio; la Scuola Grande di San Marco, con la sua stupefacente facciata del XV secolo, il solenne Portego delle dieci colonne, la fastosa Sala Capitolare, il ciclo pittorico marciano della cappella, il ciclo pittorico alessandrino della Sala dell’Albergo. È un luogo costruito come esplicitamente bello perché destinato a custodire la mitografia di Venezia nella sua ascendenza marciana (predestinatio, translatio, apparitio del santo protettore).
Effettuando io stesso frequentemente il servizio di accoglienza dei numerosi visitatori che giungono da noi, sento il disagio, e persino qualcosa in più, degli astanti durante la presentazione del nostro monumento: esso incanta certamente per la sua grandezza esteriormente estetica ma il suo spirito non è colto dai più, affidato com’è all’iconografia teologico-dottrinale delle virtù teologali e delle virtù cardinali, dei santi martiri, degli uccelli mistici, delle norme morali, di san Marco sospitator, degli angeli custodi della gloria, della cura dell’anima, della cura del corpo, di Cristo porta della salvezza. Tutti segni, purtroppo, di una cultura sentita oggi come estranea.
Con l’apertura al pubblico e la musealizzazione degli ambienti della Scuola Grande di San Marco, avvenute il 21 novembre 2013, abbiamo inteso restituire a Venezia e al mondo la conoscenza dello “spirito” della confraternita che dal 1261 ha nutrito di valori la civiltà veneziana, anche nella sua dimensione civica, comunitaria, statuale. Questo “spirito” lo comunichiamo oggi, appunto, con sempre più difficoltà, davanti a uditori disattenti se non ostili, per la discutibile convinzione soggettivistica del fatto religioso, particolarmente di quello cristiano, di cui la nostra istituzione è però parte eloquente, quale primaria esperienza laica di ispirazione religiosa in Venezia. Così, davanti al nostro complesso monumentale folle di turisti guardano senza vedere e le élite restano appagate dalla comprensione storico-formale dell’opera (ordine architettonico, apparato scultoreo, influenze stilistiche). Ma “il perché e il per chi” del monumento, cioè la sua vera ragione di esistenza, resta tutta da esplorare, in quanto sono stati accantonati o non si sono mai appresi i codici di lettura dei simboli che appartengono alla nostra matrice culturale e, ahimè, non c’è una disponibilità ad accettare princìpi, segni, luoghi di una dottrina cattolica figurativamente e autenticamente rappresentata nella sua dimensione pubblica e non personale.
“Arte, Fede e Medicina nella Venezia di Tintoretto”. Venezia, Scuola Grande di San Marco. Fino al 6 gennaio 2019. A cura di Gabriele Matino e Cynthia Klestinec. Info: tintorettovenezia.com.