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La cura che salva

Compassione e fiducia sono le “medicine” di Gesù E soprattutto ogni guarigione è recupero integrale dell’uomo

​Per avviare una riflessione sul tema del dialogo in ambito neotestamentario (e, più in generale, cristiano) non si può non partire dalle fondamenta: in tutta la sua parabola terrena Gesù è stato un uomo di dialogo. Leggendo i Vangeli, si può constatare che Gesù non consegna mai a chi incontra una verità astratta, ma instaura una relazione umana, nella quale il momento dell’incontro è un kairós, un’occasione unica e irripetibile. Il suo è un comunicare “in situazione” e apre un dialogo, ma è sempre preceduto da un cammino di abbassamento, di con-discendenza, che rinnova il cammino di kénosis da lui percorso per passare dalla forma di Dio alla forma di uomo (cfr. Fil 2,6-7). Gesù si fa viandante assetato al pozzo di Sicar dove incontra la donna samaritana (cfr. Gv 4,5-30); si fa pellegrino sulla strada di Emmaus dove incontra i due pellegrini (cfr. Lc 24,13-35); si fa frequentatore della tavola dei pubblicani e dei peccatori per poter annunciare loro la buona notizia (cfr. Mc 2,16 e paralleli; Lc 7,34)...
Gesù percorre dunque un cammino di abbassamento, si mette in dialogo con l’interlocutore. Primo effetto dell’incontro con lui è l’interrogarsi su cosa si cerca e si vuole. Basta ricordare alcune delle numerose domande che Gesù rivolge a quanti incontra: «Che cosa cercate?» (Gv 1,38); «Donna, chi cerchi?» (Gv 20,15); «Che discorsi state facendo?» (Lc 24,17). A partire da domande come queste, nel dialogo avviene un vero incontro, un’esperienza condivisa, un parlare e un rispondersi reciprocamente. Questo è uno dei tratti maggiori dell’educazione alla fede-fiducia praticata da Gesù: accettare di “svuotarsi” per stare accanto all’altro; accettare di rinunciare a certi diritti e privilegi che rischiano di essere un ostacolo, per proporre la fede in modo credibile. Sì, perché la buona notizia del Vangelo non può risuonare né esistere senza un’incarnazione concreta, senza che si inscriva nella vita di uomini e donne.
Occorre d’altra parte precisare un elemento fondamentale: Gesù nella sua vita non ha incontrato delle “categorie” di persone, ma è entrato in relazione con gli uomini e le donne in quanto esseri umani come lui. Gesù ha cercato di incontrare ciascuno di quelli che venivano a lui e di andare incontro a quanti sapeva sprovvisti del coraggio o della forza di avvicinarlo: o essi si facevano vicini a Gesù, oppure egli si faceva vicino a loro. Gli unici che Gesù non ha mai incontrato, perché da essi tenuto a distanza, erano i potenti di questo mondo, quelli che disprezzavano gli altri, che si sentivano incaricati di minacciare… Da costoro si è tenuto lontano, anzi li ha ammoniti e avvertiti con i «guai!» (cfr. Mt 23,13-32; Lc 6,24-26), li ha chiamati «volpi» (cfr. Lc 13,32), «dominatori che si fanno chiamare benefattori dell’umanità» (cfr. Lc 22,25), «guide cieche» (Mt 23,24).

di Enzo Bianchi