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La forza dell’esperienza

Uno sguardo a Leonardo “scienziato” tra intuizioni e sostanziali differenze rispetto alla modernità

​Giuseppe O. Longo


Il rapporto di Leonardo con la lingua fu sempre problematico, tanto che Italo Calvino, nel brano delle Lezione americane dedicato all’esattezza, parla di una “battaglia con la lingua” condotta dal nostro non all’inseguimento di un testo definitivo, ma in vista di un adeguamento continuo al divenire interminabile dell’oggetto, il che obbligava la lingua a un’apertura infinita per adeguarla all’evoluzione infinita della realtà. Ma pure nella sua costitutiva approssimazione e nella sua distanza dall’eleganza letteraria, la scrittura di Leonardo, come affermano Fabio Frosini e Carlo Vecce, costituisce il «più significativo esempio di comunicazione scientifica e intellettuale prima di Galileo. Di più: questa testualità “in movimento”, non chiusa ma aperta, in grado di seguire la realtà in trasformazione mutando continuamente se stessa, può essere considerata una delle “invenzioni” più efficaci di Leonardo».
La stessa illimitata apertura segna il rapporto di Leonardo con la scienza, o meglio con il sapere e, inscindibilmente, con il saper fare. In una sorta di enciclopedismo tendenzialmente illimitato, egli si occupa di tutto: dalla botanica all’anatomia, dall’astrologia alla vinificazione, dalla geografia alla fisiologia, dall’ottica alla matematica, dalla zoologia alle macchine per volare, alle fortificazioni militari, dai cuscinetti a sfere agli automi, all’arte culinaria, dalle innovazioni nelle tecniche pittoriche al progetto della città ideale. Ma per l’abbondanza stessa dell’immaginazione gran parte delle sue idee restano allo stato embrionale o di primissima progettazione, rivolgendo subito la sua attenzione ad altro progetto.
Come osserva Fritjof Capra, molte sue intuizioni si possono inquadrare in una visione sistemica della realtà, molto prossima a quella che si è venuta affermando negli ultimi decenni: l’uomo fa parte del grande organismo vitale, autorganizzato e autopoietico, della natura e non se ne può svincolare, ma può modificarlo in bene o in male. Precorrendo di secoli l’ipotesi “Gaia” di James Lovelock, Leonardo riteneva che la Terra fosse nel suo complesso un’entità viva, e tracciava analogie fra la struttura del nostro pianeta e l’anatomia umana: «Potremo dire che la terra avere anima vegetativa e che la sua carne sia la terra, li sua ossi siano li ordini delle collegatione de sassi di che si compongono le montagne, il suo tenerume sono i tufi, il suo sangue sono le vene delle acque. Il lago del sangue che sta dintorno al core è il mare oceano, il suo alitare è il crescere e discrescere del sangue pe’ li polsi, e così nella terra è il flusso e riflusso del mare».
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Disegnare per capire
Più che invenzioni le macchine di Leonardo sono frutto di osservazione. A essere unico è il suo disegno, vero strumento di analisi

Claudio Giorgione


Spesso ci si chiede quanto Leonardo sia artista o quanto ingegnere. Nella cultura contemporanea tendiamo a dissociare le due attività del pensiero, quella umanistica e quella scientifica, ma in Leonardo tutto ciò non si può separare, come in ogni uomo del Rinascimento. In quell’epoca l’architettura, l’ingegneria, la stessa pittura, erano considerate arti meccaniche. Figure come Verrocchio (con il quale Leonardo partecipa alla posa della sfera che corona la lanterna di Santa Maria del Fiore), Brunelleschi, Leon Battista Alberti, Piero della Francesca o Bramante portavano nelle arti meccaniche una nuova dimensione intellettuale. Nella formazione dell’umanista gli aspetti che riguardano la matematica, la geometria, quella che oggi chiameremmo con un anacronismo indagine scientifica, facevano parte di un sapere fortemente interconnesso.
Uno degli assunti della mostra alle Scuderie del Quirinale dedicata a Leonardo e alla sua “scienza prima della scienza” è calare la sua personalità nel contesto, porla in dialogo con i contemporanei nell’interconnessione dei saperi. Dall’altra parte però è importante capire in che cosa Leonardo si distacca. In due disegni del Codice Atlantico, eseguiti tra il 1478 e il 1480, Leonardo descrive le gru che Brunelleschi aveva ideato per la costruzione della lanterna del duomo fiorentino e che dovevano essere ancora in opera nel 1471, tanto da essere registrate anche da altri ingegneri-architetti come Giuliano da Sangallo e Bonaccorso Ghiberti. Il sapere tecnologico tra Medioevo e Rinascimento è costituito da una conoscenza condivisa e collettiva. Gli avanzamenti tecnici si consolidavano spesso nel lungo periodo, tanto che quando una macchina per innalzare pesi o una noria per sollevare acqua vengono disegnati in taccuini e trattati del XV secolo, queste stesse macchine appartenevano ormai a una prassi e tradizione consolidata, non costituendo necessariamente un’invenzione. Così è anche per Leonardo, il cui disegno di macchine è solo in piccola parte per “inventare” mentre è soprattutto per registrare, osservare, documentare. Allo stesso tempo però Leonardo, già nei suoi anni fiorentini, rivoluziona il disegno tecnico, conferendogli una nuova forza rappresentativa che i contemporanei non hanno. Penso ad esempio alla notevolissima veduta di un argano per sollevare pesi, disegnato in esploso e in una perfetta assonometria, tratteggiato come in un disegno artistico.
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