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La lingua dei segni cristiani. Dare volto alla parola

Dalla vite al frumento, dalla palma all’olio, dal pesce alla colomba alla croce un vero e proprio dizionario dei simboli

​Il simbolo è un segno che rimanda a una realtà altra. Ma i modi e i metodi di questo rinvio possono essere molteplici. Spesso la sintassi allusiva sulla base della quale si costruisce un simbolo ha bisogno di una chiave interpretativa per essere intesa. E non è detto che la comprensione valga per tutti. Vi sono simboli che aiutano a comprendere, altri che nascondono e che quindi necessitano, per esser capiti, di una iniziazione.
Il cristianesimo è la religione di Cristo, vero uomo e vero Dio. Si è cristiani perché “si è del Cristo”: san Paolo l’ha detto con grande chiarezza. E il Cristo è morto sulla croce: una morte infamante per i secoli e le culture nei e nelle quali la nuova fede ha mosso i primi passi. La croce, scandalo e follia, non poteva servire come simbolo della nuova fede: eppure, paradossalmente, era il fulcro di tutto, la testimone della vittoria sulla morte proprio in quanto strumento di morte che era servita per una resurrezione. Il paradosso – “scandalo e follia”, appunto – poteva essere inteso solo all’interno del cristianesimo e fra i cristiani.
I primi quattro secoli di vita simbolica del cristianesimo – incentrata attorno ai grandi temi della morte e della resurrezione, dell’agape fraterna, della comunione tra il Cristo e i fedeli – sono anche i secoli della necessità di allegorizzare la centralità di un messaggio che non poteva essere trasmesso così com’era, allo stato puro. “Allegoria” è un termine che, in greco, designa propriamente il “parlar d’altro”, l’indicare una verità attraverso un discorso di formalmente differente qualità.
La cultura simbolica del tempo delle catacombe – non tanto “cimiteri segreti” quanto, semmai, “cimiteri privati” – è pertanto una cultura di segni nascosti, dissimulati, trasformati. La croce vi è presente soltanto in forme camuffate: i primi cristiani adottarono, desumendoli dalle tradizioni egizia, vicino-orientale e indo-persiana, una quantità di simboli cruciformi che alludevano alla croce, irrappresentabile in quanto simbolo obbrobrioso e che troppo avrebbe esposto chi l’adottava alle accuse e alle calunnie dei persecutori.
Si cercarono quindi altri simboli in grado di alludere sia alla morte e alla resurrezione, sia alla santa cena: in grado, insomma, di rappresentare sinteticamente il mistero del Cristo. Il simbolo forse più antico, più illustre e più a lungo utilizzato a riguardo fu il tralcio di vite, con o senza pampini o acini a seconda dei casi, insomma in molte varianti, la più importante delle quali era senza dubbio l’albero dell’uva, la vite, raffigurato appunto nella sua pienezza. La vite come arbor crucis, albero della croce; il frutto della vite – il grappolo d’uva – come Cristo crocifisso che dà il suo sangue per la salute del mondo. Si deve tenere costantemente presente, al riguardo, che le prime generazioni cristiane erano fondamentalmente costituite da convertiti, l’origine dei quali era o ebraica o variamente “pagana”.

di Franco Cardini