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Lo spirito del Chianti

Piccolo mondo nel cuore della Toscana, deve la sua integrità e la sua fortuna al fatto di essere stato un tempo periferico

​Franco Cardini

Dici Chianti, e tutti pensano che stai parlando di vino. Il Chianti è un’area subregionale situata nel cen­tro (potremmo dire, un po’ tendenziosamente, nel cuore) della Toscana. Che i vini portino il nome di una regione, è normale: pensiamo al Borgogna, allo Cham­pagne, al Bordeaux, al Salento, al Rioja. La regola generale – ma non sempre seguita – è che le regioni portano spesso nomi al femminile, mentre i vini che ciascuna di esse produce si flettono al maschile. Il che in fondo, sotto il profilo metafisico-simbolico, è normale.
In principio c’è la terra, la Madre Terra, dalla quale ciascun vino trae la sua vita, la sua identità, la sua essenza. Lo humus, i minerali che vi sono presenti, l’umidità e/o l’aridità, l’esposizione al sole e ai venti, la prossimità o la lontananza dal mare, la latitudine, la dinamica climatologica. Tutto ciò dà al vino la sua carne, il suo corpo, la sua Materia: appunto, il carattere materno.
Ma poi c’è lo spirito: e andiamoci piano prima di affermare, riduttivamente, che è la sua sostanza alcolica. Da una piccola semplice cosa di complessità spaventosa è nata la pianta che dal sole, dal vento, dalla terra, dagli animali che vi si sono posati sopra, “dal lavoro dell’uomo” – come dice la liturgia dell’Offertorio – ha generato frutti che debbono maturare e fermentare. È questo lo Spirito: il carattere paterno.
Il Chianti è una dorsale collinosa che talvolta raggiunge alture discrete, quasi una piccola catena. Un’area esposta ai venti: al punto che, tra le varie etimologie proposte per spiegare il suo nome, quella che si rifà al suono del vento che percuote boschi e foreste è una delle più confacenti. Chianti da clangor, “fragore”; ma c’è anche di mezzo, come vedremo, qualche lemma etrusco: non goto o longobardo, poiché il nome pare più antico di questi popoli germanici che in Toscana si sono affacciati fra V e VI secolo.
Ora, l’immagine che abbiamo e che da molto tempo ci viene offerta del Chianti è quella di un dolce panorama di viti e ulivi, dove la vita può essere tanto bella e serena. Fernand Braudel, che s’incantava rimirandolo, amava ripetere che quello è il panorama «più commovente del mondo». E ben a ragione: guardandolo con l’occhio dello storico e rilevandone il carattere della pianificazione umana.
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