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Mario Rigoni Stern. I nomi della neve

A dieci anni dalla morte, il ricordo di una camminata con lo scrittore nei suoi boschi sull’altipiano di Asiago

​Costanza Lunardi
«Dove la foresta alpina si dirada e la montagna, in alto, diventa nuda, lassù cresce l’albero più piccolo della terra: il salice nano che si difende dal vento aggrappandosi al suolo e ruba il calore alla roccia che il sole illumina. La neve lo copre per sette mesi all’anno. È stata lunga la mia stagione sotto la neve; ecco, nella foresta della letteratura sono un salice nano» (Mario Rigoni Stern, “Al lettore”, da Storie dall’altipiano, I Meridiani, 2003). Ecco l’anima sobria e autentica dello scrittore “in montagna”, come amava definirsi Mario Rigoni Stern: si manifesta non appena varcata la soglia del bosco, subito dietro la sua casa rosa sull’altipiano di Asiago, che si costruì da solo negli anni Sessanta per vivere con la famiglia più vicino alla natura. Per essere in simbiosi con il bosco. La vitale officina formativa di un’intensa esperienza esistenziale, il laboratorio della meditazione letteraria, della conoscenza, genesi dello stupore quotidiano.
«Devo tirare su il cappello? Ma quando vuole fotografarmi, quando vado a casa? Non dovrò vestirmi di festa per andare in bosco!» Mario Rigoni Stern incoraggia il fotografo, forse intimidito di fronte all’autore di Il sergente nella neve, il romanzo-memoria che dal 1953 ha commosso intere generazioni. «Ma se non mi fotografa torna a Milano senza niente!» commenta. Sì, questo nella mia vita è accaduto. Andare nel bosco con Mario Rigoni Stern. Camminargli accanto affondando nella neve, mescolando le impronte a quelle delle creature boschive che lo scrittore riconosce e nomina con la poetica e familiare confidenza di chi ha assorbito l’unisono di un respiro creaturale con la vita della natura e della storia, nel ritmo delle stagioni, che disvela il legame  tra piante, animali, comunità umana. «Questa notte sono passate volpe e lepre, le tracce sono fresche. A volte la volpe mi entra anche in casa. Marmotte e tassi che l’estate scorsa hanno rovinato il giardino di Ermanno Olmi, mio vicino di casa, ora dormono».
Abbigliamento forestale e bastone di tasso – il legno eterno – fatto da un amico, Rigoni Stern, disegnando attraverso l’itinerario delle tracce la mappa di un lembo di altipiano, abbraccia con lo sguardo l’intero orizzonte dai confini nevosi dove si aprono dolci e ondulate le distese come bianche lenzuola cosmiche gonfiate dal vento. Partendo dal brolo vicino a casa le orme si intrecciano fitte. Nel libro Sentieri sotto la neve l’orto diventa il luogo concreto e magico dell’incontro tra animali e uomo. Fringuelli dispettosi, “temibili” cornacchie, fiduciosi scoiattoli. Un guardarsi da pari con approccio assolutamente non antropomorfico, di rispettosa familiarità da cultura multietnica. Lepre e capriolo sono ghiotti dei meli che assieme a molti altri alberi – larice, faggio, betulla, tasso, sorbo – compongono il suo “arboreto salvatico” divenuto il titolo di un altro famoso libro e di cui fa parte anche una sequoia, lontana dal proprio ambiente naturale ma portata, a ricordo dei compagni morti, da un donatore torinese, che nel 1915 fu su questi monti di guerra.