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Matese monti e Rinascimento

Alla scoperta del massiccio dell’Appennino sannita dove arte e natura si incontrano in un silenzio sacro

​Giorgio Agnisola

Matese, terra di incanto e di silenzio; ma anche di contrasti: per un verso è l’antica montagna, dall’aspetto mite, il profilo morbido, levigato come onda; per l’altro è la natura carsica, misteriosa e inquietante, con gole, anfratti, dirupi e caverne, dove l’acqua è copiosa e il vento è selvaggio nelle fredde giornate d’inverno. Come la “Valle dell’inferno”, scoscesa tra la collina di Castello e il monte Muto, fino a lambire la fertile piana del Volturno, con piccole sorgenti, grotte, acrobatiche sporgenze della roccia, strapiombi e corsi d’acqua che affiorano gorgogliando tra il verde intenso, tra boschi di carpini e lecci. Le pendici sono abitate da faggi, cipressi, querce, castagni. In alto, nei canneti che costeggiano il lago carsico del Matese, approdano uccelli rari e migratori. Qui la flora è incantevole, tra le specie note e meno note è la preziosa Corallorhiza Trifida, un’orchidea dal fiore elegante e delicato. Questa è una terra di storie che affondano nel mito pastorale: durante la transumanza i pastori percorrevano i pascoli montani lungo gli antichi tratturi, per poi scivolare con lunghe peregrinazioni verso il Tavoliere delle Puglie.
È una natura solenne quella del massiccio, chiusa in un segreto arcaico. Qui i Sanniti nel IV secolo a.C. estendevano i loro territori, resistendo strenuamente all’incalzare dei Romani. La montagna, nel IX e X secolo, fu rifugio per i pedemontani durante le incursioni saracene. Ai piedi, sul versante campano, sono abitati tranquilli, tra cui Prata, Ailano, San Potito, Gioia, Faicchio e soprattutto Piedimonte, il centro maggiore del territorio, moderno e antico, con le sue belle chiese, come Santa Maria Maggiore, Ave Gratia Plena, Santissimo Salvatore. Il Parco Regionale, ufficialmente costituito nel 2002, comprende anche importanti centri urbani a ridosso della montagna, come Alife, colonia romana, di cui restano le mura a cingere il borgo ancora segnato dal cardo e dal decumano. A nord è Fontegreca con la cipresseta più importante d’Europa, e nei pressi è l’oasi naturalistica di Capriati. In alto, invece, sono ancora paesi di pietra, freddissimi d’inverno e soavi d’estate, custodi di antiche tradizioni. Come Gallo e Letino. Gli abitanti di origini greche conservano caratteristici costumi, che ancora esibiscono nei giorni di festa.
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