Luoghi dell' Infinito > Oslo e il suo doppio

Oslo e il suo doppio

La capitale norvegese vive di binomi. Una natura duplice che si riflette in ogni cosa

​Per parecchio Oslo s’è chiamata Christiania, come l’enclave utopica (ma a suo modo reale) che da quasi mezzo secolo occupa un’ex area militare a Copenaghen. Cinquecento chilometri separano le due capitali scandinave, due mari le uniscono: quello aperto, si fa per dire, dello Skagerrak e il cuneo liquido del fiordo di Oslo. A sancire l’ab Urbe condita danese in terra norvegese ci sono due mani destre di Cristiano IV, gli indici puntati a terra. Una prende la forma del guanto disegnato vent’anni fa dalla scultrice Wenche Gulbransen, sineddoche in metallo per una fontana a due passi dalla Fortezza di Akershus. L’altra è corredata di tutto il resto, la statua che omaggia il sovrano della dinastia degli Oldenburg: troneggia dal 1880 nella Stortorvet (Piazza Grande) davanti alla Domkirke, il duomo della città. Partiamo da questo primo bis per solcare Oslo sul filo del doppio, scomponendo l’idea di una realtà omogenea, tutta oleografia da cartolina – alci e troll tra gitanti aitanti su viali, moli e sentieri, mattoni rossi soverchiati da cieli ineffabili – e tentare una sintesi: quanto si sente matura? Come si mostra – a se stessa, soprattutto – contemporanea?
La coppia Castello reale-Parlamento, specchio della dualità formale monarchia-democrazia, presidia i due poli di Karl Johans gate. È la quintessenza del boulevard di rappresentanza – che ha un alter ego, ovviamente: Bygdøy allé – e rilancia un terzo doppio: il re da cui prende il nome aveva due corone, quella svedese, come Carlo IV, e quella norvegese, come Giovanni III. Il vicino Museo Ibsen ne serba un altro ancora, da scovare nella panoplia di cimeli in mostra nell’appartamento in cui il poeta e drammaturgo ha vissuto. Sulla parete della sala con la vista più bella è appeso un dipinto che ritrae August Strindberg, l’arcirivale. Lo volle dove riceveva gli ospiti, provocazione erudita e cosciente o scivolone inconsapevole? Lasciamo il quesito in sospeso tra gossip e psicanalisi – le due dimensioni che annodano la matassa filologica intorno all’autore di Peer Gynt – per muoverci da quella dimora. E registriamo en passant un altro bis: pure l’ambasciata americana replica a soggetto, ha chiuso la sede a due isolati dal museo e si è spostata sui pendii in alto.

di Federico Geremei