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Sulle due rive di Parma, la città della meraviglia

L’ansia di modernità non ha risparmiato Parma ma, nonostante tutto, il suo fascino monumentale e intimo resiste al tempo

​Pier Carlo Bontempi


Tagliata dal corso del torrente omonimo, Parma mostra due anime, due caratteri se non opposti sicuramente contrastanti e ben visibili nelle due parti in cui si divide. Curiosamente la “Riva destra” è chiamata “Parma Nuova” pur essendo la parte storicamente più antica e nobile. A questa si contrappone la “Riva sinistra” detta “Oltretorrente” o anche “Parma Vecchia”, forse più per le cattive condizioni degli edifici in passato che non per l’antichità dell’insediamento. Il nucleo primitivo di questa riva risale al periodo altomedioevale a differenza di Parma Nuova, di impianto consolare romano.
Basta guardare un’immagine aerea della città di Parma per rendersi conto dell’estensione relativamente contenuta della città storica e del dilagare incontrollato nel XX secolo dello spazio urbano periferico, che dà luogo a un’indistinta commistione tra suolo urbanizzato e campagna coltivata. L’estensione di Parma storica, cioè la città all’interno delle mura farnesiane, è circa un settimo dell’occupazione del suolo dello sviluppo attuale; il solo quartiere Paradigna, una desolata porzione a nord dell’ampia periferia che circonda la città, è esteso quanto tutto il centro storico. La periferia si è sviluppata perdendo il carattere di urbanità e rovinando il paesaggio agrario circostante. Né vera città né verde campagna.
Per ritrovare il momento chiave della mutazione genetica di Parma bisogna risalire al 1889. In quell’anno Giovanni Mariotti, erudito avvocato, archeologo e parlamentare, divenne sindaco della città e si diede avvio, su sua iniziativa, alla distruzione della cinta muraria urbana aprendo così alla disastrosa e incontrollata espansione nel territorio circostante. L’integrità armoniosa della antica civitas e della sua ordinata struttura urbana andarono così irrimediabilmente perdute. “L’alito dei tempi nuovi”, che il sindaco dichiarava allora di sentire, proveniva da Firenze, capitale del Regno d’Italia tra il 1865 e il 1871, che fu tra le prime città a intraprendere un nuovo piano regolatore, con il progetto della circonvallazione. Nel 1865 il celebre architetto Giuseppe Poggi, l’autore anche di Piazzale Michelangelo, disegnò il nuovo assetto urbanistico fiorentino, ispirandosi alla trasformazione urbana di Parigi fatta dal barone Haussmann con gli sventramenti dei quartieri medievali per fare posto ai Grands Boulevards. Così ebbe luogo a Firenze la demolizione di quasi tutto il tracciato delle mura trecentesche lunghe nove chilometri e intercalate da settantatré torri, quindici forti e quattro porte oggi rimaste isolate e prive di senso all’interno di uno spartitraffico.
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