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Vesuvio vivere sotto (e sopra) il vulcano

Il Vesuvio e l’area dei Campi Flegrei formano una coppia esplosiva. Le voci della gente che qui abita e lavora

​Alessandro Gandolfi

Due anni fa a Milano, entrando alle Gallerie d’Italia, si poteva ammirare un grande quadro dipinto nel 1774 da Pierre-Jacques Volaire. Intitolato Eruzione del Vesuvio alla luce della Luna, raffigurava una delle eruzioni avvenute tra il 1770 e il 1776. Erano gli anni del Grand Tour, quando gli artisti europei viaggiavano nel Belpaese per visitare i monumenti e ritrarne le bellezze. Come i suoi vulcani: l’Etna, inesorabile nelle sue lente colate, e il Vesuvio, esplosivo come Ercolano e Pompei possono dimostrare. Ma il pericolo potenziale non fermava i turisti allora, e non li ferma neppure oggi: ogni anno 700mila persone salgono in cima al Gran Cono per osservarne il cratere e ammirare il Golfo di Napoli.
Chi passeggia sul Vesuvio forse non sa di trovarsi sul vulcano più pericoloso al mondo. Non stiamo parlando del Vesuvio in sé ma di una micidiale accoppiata: quella tra il vulcano napoletano e i più sottovalutati Campi Flegrei, l’enorme caldera che sorge venti chilometri a ovest del Vesuvio. Se quest’ultimo svetta sulla città, i Campi Flegrei - da tempo “zona gialla” per i continui segnali di attività - si rivelano per quello che sono osservandoli dall’alto: un campo vulcanico attivo e punteggiato di crateri, laghi, coni e solfatare (ma anche strade, fabbriche e abitazioni) dove vivono oltre seicentomila persone. Unite a quelle che risiedono attorno al Vesuvio si supera di gran lunga il milione, un dato che rende quest’area una delle zone più ad alto rischio dell’intero pianeta.
Alcuni definiscono l’accoppiata Vesuvio-Campi Flegrei un “supervulcano”, ovvero ciò che più di tutti - più dei terremoti e dei meteoriti - potrebbe mettere in crisi l’umanità e la vita sulla Terra. Un supervulcano - un grosso ambiente sotterraneo ripieno di magma bollente - genera ovviamente una super eruzione, che in media avviene ogni 50mila anni. Di solito sono improvvise, devastanti e difficili da prevedere. Ecco, i Campi Flegrei - dal greco “bruciati”, “ardenti” - insieme al Vesuvio sono il supervulcano italiano. Un sistema complesso che circa sessantamila anni fa, dopo un’eruzione che fece fuoriuscire circa ottanta chilometri cubi di magma, generò una trentina di vulcani minori. «Sai che il famoso tufo giallo di Napoli - mi spiega Ciro Fiengo - si generò circa quindicimila anni fa in quella che viene ancora oggi considerata l’eruzione più violenta di tutto il Mediterraneo?». Ciro vive a Ercolano ed è l’ultimo di una generazione di estrattori e lavoratori di pietra, un’attività diffusa da sempre attorno al Vesuvio.
Il paesaggio più suggestivo di tutti è - nei Campi Flegrei - la Solfatara di Pozzuoli. Il luogo è indimenticabile, con le rocce bianche dalle quali fuoriescono fumi perenni e pericolosissimi: «Purtroppo l’area è chiusa - mi spiega Antonio, che vive a due passi - perchè nel settembre del 2017 vi persero la vita un bambino e i suoi genitori, tutti e tre caduti dentro una cavità e successivamente morti asfissiati. Fu una vera tragedia». Dalla casa di Antonio la solfatara non si vede ma ogni giorno la sua famiglia ne respira i gas puzzolenti e si terrorizza ogni volta che la terra trema più forte del solito. La percezione, da queste parti, è un problema: ti rendi conto davvero dei Campi Flegrei solo sorvolando l’area in aereo, o visitandola virtualmente con Google Maps. Si capisce così che tutti quei cerchi perfetti pieni di case e di strade - ma anche di ippodromi, di basi militari e di campi da golf (come il Carney Park Golf Course della marina militare statunitense) - sono in realtà vulcani spenti. Spenti del tutto?
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