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Viaggiatori illustri e sorprendenti

Per Bergamo e Brescia sono passati i massimi scrittori, artisti e intellettuali. Lasciando appunti sagaci e memorie entusiastiche

​Elisa e Marco Roncalli

Poeti, letterati, musicisti, pittori, scultori, filosofi, architetti, scienziati, santi - viaggiatori illustri nelle due città in epoche diverse - ne hanno celebrato il paesaggio e il patrimonio artistico. E così, anche Bergamo e Brescia hanno il loro posto fra le mete più desiderate nei secoli, e non solo in quel “Grand Tour” del quale costituirono tappe, specie sulla strada per Venezia, o deviazioni occasionali. Qui, in un viaggio nel tempo, con scontate omissioni, proviamo a recuperare alcune testimonianze - spigolate da lettere e diari - vergate da questi personaggi in visita all’una o all’altra città, spesso anche a entrambe, associate già in una sorta di concezione del territorio quale “museo diffuso”.
Partiamo da Bergamo e dintorni, con il Petrarca che nel 1358, nel castello di Pagazzano, corregge i Trionfi e l’anno dopo è in città (in una delle Familiari afferma: «Ho sempre qui negli occhi Bergamo, la città alpina d’Italia»). Dopo il poeta, citazione d’obbligo per san Bernardino da Siena, all’inizio del ’400 a lungo a Bergamo, dove lo si ricorda in veste di paciere fra Guelfi e Ghibellini, così come nella vicina Brescia per il ruolo svolto nella creazione del primo grande ospedale. Poi, di nuovo a Bergamo, segnaliamo nel 1477 la presenza del Bramante, affezionato alla città, e a Brescia nel 1489 quella del Savonarola, lì fustigatore con le sue omelie per l’Avvento. A proposito di monaci dal tragico destino, Giordano Bruno, in fuga dall’Inquisizione, nel 1577 è a Bergamo dove rimette l’abito religioso deposto l’anno prima per sospetto di eresia.
Ma arriviamo alle impressioni registrate dai primi libri di viaggio. Franz Schott nel suo Itinerarium nobiliorum Italiae regionum - pensato per i pellegrini dell’Anno Santo 1600 - descrive Brescia «più lunga che larga», «molto piena di popolo e d’habitationi», rimarcando che «per le fattioni et nimicitie de’ suoi cittadini patì già molte calamità». Anche di Bergamo, lo stesso scrive che «con i borghi caccia gran numero d’anime», riassumendone in pochi brani la storia, dalle origini romane a quando «fu venduta a Pandolfo Malatesta per 30.000 ducati d’oro» e, dopo «esser stata alcun tempo de i francesi, finalmente ne venne da se stessa sotto i Venetiani».
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