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Wildlife Photographer of the Year, visioni nel buio

Uno scoiattolo, un orso, due cervi: la natura evocativa e fiabesca letta attraverso la poesia

​testo di Roberto Mussapi, foto di Michel d’Oultremont

Leggere le tre fotografie realizzate da Michel d’Oultremont per Wildlife Photographer of the Year 2019, il concorso indetto dal Natural History Museum di Londra, è impresa complessa e affascinante, per l’aura di mistero in cui sono avvolte le tre opere di immediata evidenza espressiva. Non sono un critico di fotografia. Mi limito a comunicare la storia. Evidente la loro potenza drammatica, e anche la tenerezza animistica dell’autore, quanto enigmatico il racconto che ogni foto nasconde e fa affiorare.
Parto dalla foto dello scoiattolo. Folto, buio, ma non cupo lo sfondo. È vegetazione, piante, alba o crepuscolo, in cui si apre una naturale finestra circolare. Lì appare il piccolo animale. Incluso dal fotografo in quel cerchio di selva, pare protetto, cullato e anche custodito come segretamente dalla natura, dalle piante, dalle Foglie d’erba cantate da Walt Whitman, ma anche dal bosco in cui le tre fate buone nascondono e proteggono Aurora, la creatura che la fata Malefica ha condannato al sonno eterno. Una creatura protetta, questa, primigenia, uno scoiattolo, pare, abitatore delle fronde e degli alberi. E quell’apparizione aurorale mi evoca gli albori dell’umanità, quando apparve Purgatorius, il primo mammifero. Piccolo, meno aggraziato e agile di uno scoiattolo, tremante per la paura dei rettili terrestri e volanti... Protetto dal folto del fogliame, dal bosco. Ecco, credo che il senso animico della poesia di Whitman rappresenti questa epifania di vita sorgiva, questa nascita mattutina della piccola creatura che vive tra le foglie ma in alto, quasi volante, come lo scoiattolo, nel mondo delle fronde nascenti da radici e carezzanti il cielo. Tre versi, da Whitman: «Io celebro me stesso e canto me stesso / e tu dovrai accettare quello che io accetto, / perché ogni atomo che mi appartiene ti appartiene». L’uomo, il poeta Whitman che lo interpreta in pieno, si inginocchia all’apparizione della vita: quello scoiattolo tra le fronde, umile, dal buio.
Ma l’uomo sa anche scrutare nel buio, come questo fotografo: sa trovare, con l’obiettivo come il poeta con la sua visione, quanto affiora debolmente ma sotto l’apparenza vive una vita profonda. Vedere nel buio. Come nei versi che ho scelto da John Keats, nella poesia dedicata al cieco veggente, Omero, colui che vede nel buio: «Sì, c’è luce sulle spiagge di tenebra, / e i precipizi mostrano un vergine verde, / c’è l’alba in boccio in piena mezzanotte / nel buio assoluto la vista si triplica».