Luoghi dell' Infinito > Cristianesimo, religione del cibo

Cristianesimo, religione del cibo

Il cibo e le bevande hanno uno stretto rapporto con tutti i sistemi mitico-religiosi noti al mondo. A livello sacrale e simbolico, le funzioni del mangiare e del bere da un lato collegano miti e riti al quotidiano, dall’altro rivestono di valore sacro qualunque gesto collegato alla produzione, al procacciamento, alla preparazione, al trattamento, al consumo del cibo. Ciò è evidente soprattutto nell’ambito delle funzioni primarie dell’attività economica umana: la caccia, la pesca, la pastorizia, l’allevamento, la raccolta dei frutti, l’agricoltura, la preparazione degli alimenti da consumare freschi e lo stoccaggio di quelli da conservare.
Il momento “alto” del rapporto tra il sacro e il cibo è l’offerta simbolica e/o concreta del cibo alla Divinità, il sacrificio: che nella Bibbia – dove è archetipicamente rappresentato, fin da Abele e Caino, nelle due forme del prodotto animale e di quello vegetale, correlate alle due attività arcaiche dell’allevamento-pastorizia e dell’agricoltura – assume il carattere, riscontrabile anche in altre tradizioni, della dicotomia dell’offerta totale attraverso la distruzione dell’offerta stessa (l’“olocausto”, cioè l’arsione completa) o la sua condivisione tra la Divinità e i fedeli o il “clero”, la porzione separata della comunità ammessa a “vivere dell’altare”.
Nell’offerta eucaristica cristiana, il cibo al tempo stesso divino e umano (la carne e il sangue dell’Uomo-Dio) converge con quello vegetale (la farina di grano e l’uva) attraverso la trasformazione non apparente bensì sostanziale del secondo nel primo: totale secondo la dottrina cattolica della transustanziazione, parziale secondo quella luterana della consustanziazione. I prodotti base della dieta mediterranea, il grano e il succo d’uva fermentato, stanno al centro della dottrina della comunione (come di solito si definisce l’atto del consumo della specie sacramentale) tra il Cristo e i fedeli, fondata nel rito dell’Ultima Cena. Nemmeno nell’ebraismo e nell’islam, che pure riservano al sacrificio animale e/o alla sua memoria tanta importanza, v’è una centralità così forte del cibo e del suo consumo quale la si riscontra nel cristianesimo; che ha peraltro mutuato la dottrina del digiuno sia dall’ebraismo sia da tradizioni mistico-ascetiche pagane che prescrivevano il conseguimento della purezza rituale per mezzo di varie forme di astinenza alimentare.
 
di Franco Cardini