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Francigena, la culla d'Europa

​Nel mondo medievale, nel quale l’esperienza del pellegrinaggio è incastonata per quanto non sia possibile limitarla ad esso, l’espressione Via Francigena era nota: non meno del resto dell’altra, Via Romea, a quella in certo senso inversa. Con la prima s’indicava il fascio di sentieri che, per giungere a Roma, partiva dal “Paese dei franchi”. Almeno dal IX secolo era la Francia occidentalis, quindi la Francia tout court, rimasta fedele agli idiomi neolatini; mentre la Francia orientalis, al di là del Reno, era ormai insediata da Alamanni, Burgundi, Franconi, Sassoni, più propriamente Germani insomma. Con Via Romea si intendeva il medesimo oggetto e itinerario, considerato però dal punto di vista della mèta. I significati di queste due espressioni erano in realtà non opposti, bensì più propriamente complementari.
Ma si trattava, come diremmo noi moderni, di “nomi comuni”, non di “nomi propri”. Di “francigene”, come di “romee”, ve n’erano di fatto molte: tutte quelle per un qualche motivo percorse da viaggiatori che provenivano dall’Oltralpe centroccidentale diretti a Roma o che da Roma tornavano verso nord. È evidente che sulla strada si poteva trovare di tutto e che si era “viandanti” o “viaggiatori” per molti motivi, in un tempo nel quale lungo le antiche vie consolari più o meno conservate o rovinate e lungo sentieri campestri o tratturi montani ci si poteva imbattere in qualunque persona ambulans, dai re e dai prelati ai mercanti, dai poveri ai fuorilegge. In fondo, tutti erano peregrini in senso generico: in senso proprio, tuttavia, erano quelli che si erano dati ad affrontare i disagi e i pericoli del viaggio in quanto desiderosi di raggiungere una mèta religiosa, o sulla via del ritorno.
In quanto tali, i pellegrini portavano di solito le insegne sotto forma di distintivi cuciti o ricamati sugli abiti o sulle bisacce o sui copricapo. Si trattava dei signa super vestem che indicavano la mèta da raggiungere - o, più spesso, effettivamente raggiunta - e in genere qualificavano anche un viaggio per ragioni sacrali, spesso addirittura un iter poenitentiale al quale si era stati costretti per espiare una grave colpa e che equivaleva a una sorta di esilio almeno pro tempore dalla propria comunità.
Il diritto ecclesiastico proteggeva questo particolare tipo di viaggiatore, ne faceva una sorta di persona sacra. Era un pauper Dei, che dato lo scopo devoto del suo impegno veniva considerato intoccabile: chi lo avesse ucciso, o percosso, o respinto senza ragione, rischiava la scomunica. Almeno fino all’XI secolo, finché quindi le istituzioni regie di eredità carolingia erano ancora solide, quei pauperes erano tutelati dalla pax regis. Quando, verso la metà del secolo XI, mentre il vecchio ordine regale-beneficiario (o “feudale”, come impropriamente si continua a definirlo) si andava destrutturando o ridefinendo, la vecchia pax regis non si presentò più come strumento adatto alla tutela, nuovi ambienti egemonici episcopali e monastici sorti dal seno della Chiesa latina riuscirono a imporre i nuovi strumenti della pax Dei e della tregua Dei.
D’altronde, già dal pieno X secolo molte cose stavano cambiando nell’ex pars Occidentis dell’impero romano, alla quale nuove regioni settentrionali si erano andate aggiungendo, mentre il miglioramento climatico e l’incremento demografico avevano concorso alla ripresa della vita urbana, alla creazione di nuovi centri demici, e all’avvio di un’attività marinara guerriera e commerciale su un Mediterraneo fino ad allora egemonizzato dalle marinerie bizantina e saracena.
Un’Europa nuova stava nascendo. Ne erano segno le fiere mercantili periodiche della Francia centrale (dette “di Champagne”), la rinnovata vitalità dei traffici sulle strade e nelle città, la ritrovata centralità di Roma già riscoperta dalla “rinascita carolingia” e ancor più da quella “ottoniana” col suo culto dell’Antico, ed energicamente sostenuta adesso da un agguerrito gruppo di riformatori ecclesiastici che intendevano collegare la riforma morale d’una Chiesa guidata in parte da un’oligarchia di vescovi e di abati “corrotti” al rinnovato primato del patriarca dell’Urbe, di essa erede secondo il Constitutum Constantini.
Il pellegrinaggio a Roma, ad limina Petri, e di là verso nord-ovest sino al nuovo culto intitolato a san Giacomo a Compostela di Galizia, nonché verso sud-est, fino ai porti di Puglia, a Costantinopoli e a Gerusalemme, fu il segno precipuo di questa rinascita caratterizzata da una fitta rete di strade. La Via Francigena, o Francigena strata, ne fu la grande arteria.