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Francigena da Fidenza a Massa

​Diciannovesima giornata.
Da Fidenza a Fornovo di Taro
Ormai bisogna apprestarsi a passare l’Appennino tra Emilia e Toscana. Da Fidenza a Fornovo ci prepariamo a percorrere 34 chilometri, in un ambiente vario e gradevole. Subito fuori di Fidenza c’è la pieve di Cabriolo, antica magione templare dove sostò nel 1167 san Tommaso Beckett; quindi il castello di Costamezzana, imponente anche se ormai semidiruta fortezza dei Pallavicino; poi, dopo il guado sterrato del torrente Recchio, ecco Medesano, la XXXV Metane di Sigerico; ed ecco la Carnevala, dopo la quale se non ve la sentite di proseguire per Case Turba una variante vi porta quasi a Felegara: da lì, seguendo la riva sinistra del fiume Taro, passate il ponte e siete a Fornovo. Qui sorgeva un ospedale tenuto dai fratres di Altopascio, impropriamente detti spesso “cavalieri” (l’Ordine era sì ospitaliero, ma non militare). Il duomo contiene numerosi reperti del XII secolo di pregevole fattura (si parla della scuola dell’Antelami). Da Fornovo alla Cisa e allo spartiacque adriatico-tirrenico il passo è breve.

Ventesima giornata.
Da Fornovo di Taro a Cassio
Poco più di 20 chilometri: quasi del tutto in salita dai 200 metri sul livello del mare di Fornovo agli 800 metri tondi tondi di Cassio. Bel panorama del resto, fra pascoli e prati dove nasce l’eccellenza della tavola, il parmigiano reggiano. E lungo la strada, accanto alle pievi, agli ospizi per i pellegrini e alle altre memorie di pellegrinaggio, ecco i caseifici. A Sivizzano, alle spalle della parrocchiale, si trovano i resti del monastero benedettino di San Roberto Ultra Montes. Si raggiunge quindi la pieve di Bardone, di età longobarda, che avrebbe dato forse il nome all’intera area appenninica dominata dal Passo della Cisa, il Mons Bardonis (ritenuto non senza dubbi e polemiche una contrazione dell’espressione Mons Langobardorum). La vista è splendida, superba. Lungo questo crinale, come in altri luoghi dell’Appennino, tra VI e VIII secolo insediamenti “romani” (cioè bizantini) e insediamenti longobardi si sono confrontati, lasciandoci ampie ancorché controverse memorie toponomastiche, antroponomastiche, antropologico-religiose e antropologico-sociali: perfino canti, danze e alimenti.
 Il paesaggio è cosparso di denti e di pinnacoli d’origine franosa che fanno pensare alle analoghe formazioni rilevabili in Anatolia o nell’Alto Valdarno: sono i “Salti del Diavolo”. Cassio, con la sua struttura costituita da due cortine di case di pietra, rivela di essere un insediamento “figlio della strada”. C’erano un castello e un ospedale intitolato a sant’Ilario di Poitiers: oggi perduti entrambi.

Ventunesima giornata.
Da Cassio a Berceto e al Passo della Cisa
Giungerete al Passo in meno di una ventina di chilometri, costeggiando la SS62. Lungo il cammino, una volta pervenuti al Monte Marino (bella vista!) inizierete una piacevole discesa, passando dai 1.000 agli 800 metri, fino alla piccola capitale turistica, peregrinante, gastronomica (notissima per i funghi, tanto freschi quanto in conserva) di tutta l’area parmense: la bella Berceto, nata attorno a un santuario longobardo dell’VIII secolo. Una località formidabile: qui è sorto il Centro Internazionale di Studi sulle Culture del Pellegrinaggio. Notevolissima la chiesa, risalente all’XI-XII secolo, con l’impressionante crocifissione scolpita sulla lunetta del portale. È di buon augurio una bella bevuta di acqua freschissima alla Fonte Romea, presso l’ormai diruto castello dei Rossi. Da Berceto si giunge agevolmente al Passo della Cisa (metri 1.041). A 9 chilometri da Berceto sorge il santuario della Madonna della Guardia, costruito fra 1919 e 1922.
Ventiduesima giornata.
Dal Passo della Cisa a Pontremoli
Si comincia a scendere, finalmente: benvenuti in Toscana. Siamo entrati in Lunigiana, la terra dell’antica città portuale di Luni, oggi provincia di Massa. La Lunigiana è solcata dal bacino del fiume Magra. Dagli oltre 1.000 metri della Cisa si scende in meno di 20 chilometri ai 200 di Pontremoli. Si tratta di un percorso bellissimo, allietato da boschi di faggi e poi di castagni. Giungiamo presso il fiume Magra e attraverso un pittoresco ponte eccoci a Pontremoli (in latino forse Pons Tremulus, toponimo ch’era tutto un programma. Per Sigerico XXXI Pontremel), e poi città dei librai ambulanti e del prestigioso “Premio Bancarella”, protetta dal Castello del Piagnaro, che ospita un ostello per i pellegrini e lo spendido ed enigmatico Museo delle Statue-Stele, strutture simbolico-antropomorfe (una settantina, databili tra III e I millennio a.C.) sul significato delle quali ancora ci s’interroga. Notevole la cattedrale barocca di Santa Maria Assunta, iniziata nel 1636 in ringraziamento alla Vergine per la fine della pestilenza di sei anni prima e portata a termine nel 1881.

Ventitreesima giornata.
Da Pontremoli ad Aulla
Un’altra giornata impegnativa lungo la valle del Magra, sino a Filattiera. Là ci aspettano una casa di pellegrinaggio del­­l’ospedale di San Giacomo di Altopascio e una chiesa dedicata a san Giorgio. Possiamo visitare la pieve di Sorano, eretta nell’XI secolo e restaurata nel­l’Anno Santo 2000. Una chiesa bellissima, d’un romanico tutto eleganza. Aulla (XXX Aguilla di Sigerico) è una delle chiavi dei territori soggetti ai Malaspina: nel primo Cinquecento Giovanni dalle Bande Nere vi fece costruire la fortezza della Brunella. Il luogo fu scelto alla fine del IX secolo come ricetto delle reliquie di san Caprasio, monaco dell’abbazia situata nell’isola di Lérins presso Cannes, in Provenza, che era minacciata dai corsari musulmani del nido di Fraxinetum (oggi La Garde-Freinet presso Saint-Tro­pez): ma già allora vi esistevano precedenti insediamenti religiosi.
 
Ventiquattresima giornata.
Da Aulla a Sarzana
Giornata breve, 14 chilometri, il che come sapete significa dislivelli da superare. Bellissimo il panorama che abbraccia la Valdimagra, il golfo della Spezia, i rilievi tra Liguria e Alta Versilia, le Apuane. Entriamo brevemente in Liguria, passando per Sarzana, che nel Duecento ospitò l’esilio del poeta Guido Cavalcanti, amico di Dante. La città venne fondata nel X secolo a presidio della via appenninica appena aperta (le incursioni saracene e vichinghe rendevano insicura la costa tirrenica): notevoli la cattedrale di Santa Maria Assunta (XIII-XV secolo), dalla facciata marmorea, le chiese di Sant’Andrea e di San Francesco, i numerosi oratori. Formidabili le difese urbane: la Fortezza Firmafede (o Cittadella), duecentesca ma riedificata tra il  1488 e il 1492 da Lorenzo il Magnifico, e la fortezza di Castruccio Castracani, detta di Sarzanello, che sovrasta la città.

Venticinquesima giornata.
Da Sarzana a Massa
Una giornata un po’ lunga, 28 chilometri e mezzo. Sarete costantemente accompagnati, sulla vostra destra, dal nastro dell’autostrada A12. Sulla vostra sinistra, vi accompagna invece la vista delle Alpi Apuane, il candore di parte delle quali dipende dalle cave di marmo. L’area archeologica dell’antica Luni, splendida civitas secondo Tito Livio, nasconde ancora molto dei suoi tesori sepolti. Massa è una città nobilissima, la cui cattedrale dedicata ai santi Francesco e Pietro risale al XIV-XV secolo, e il cui Castello dei Malaspina, che la sovrasta, è una delle più celebri fra le molte fortezze della grande dinastia marchionale che - distinta nei due rami “dello Spino Verde” e “dello Spino Secco” - dominò fra XII e XV secolo Lunigiana e Garfagnana. Il grandioso Palazzo Ducale nel centro di Massa è ancor oggi testimone del­l’antico splendore. Nelle vicinanze sono i bei paesi montani delle Apuane - tanto amati da Michelangelo che qui selezionava i suoi marmi -, come l’aspra Arni o la piccolissima Colonnata, celebre al mondo per il suo lardo maturato “in salamoia” entro vasche  marmoree.