Luoghi dell' Infinito > I Re Magi di Dürer sul cammino della fede

I Re Magi di Dürer sul cammino della fede

​L’azzurro intenso del cielo lascia spazio, verso destra, a nubi minacciose che sembrano incombere sul cammino dei Magi da poco arrivati al cospetto della Vergine. L’orizzonte basso rivela l’incontro di Albrecht Dü­rer (1471-1528) con l’arte italiana.
Il dipinto, voluto da Federico il Saggio, grande mecenate dell’artista, è tradizionalmente collocato nel 1504, tra i due viaggi dell’artista in Italia. Tutto italiano, del resto, è il paesaggio che s’inerpica sul colle alla cui sommità campeggia un castello, che rappresenta la dimora di Erode. Proprio sopra il colle s’addensano le nubi minacciose, segno dell’ira del sovrano che, di lì a poco, ordinerà la strage degli Innocenti. Sullo sfondo acque tranquille ospitano un’imbarcazione, ricordo dei paesaggi lagunari intorno a Venezia tanto cari a Dürer, ma anche riferimento agli oracoli del profeta Isaia che alludono all’arrivo dei misteriosi re Magi: «Chi sono quelle che volano come nubi e come colombe verso le loro colombaie? Sono navi che si radunano per me, le navi di Tarsis in prima fila, per portare i tuoi figli da lontano, con argento e oro, per il nome del Signore tuo Dio» (Is 60, 8-9).
Il cavallo rampante che domina il corteo dei sovrani d’Oriente è una citazione dell’Adorazione dei Magi di Leonardo. Qui, come nell’opera leonardesca, l’architettura del tempio allude alla pace, ma il movimento di cavalli e cavalieri allude alle guerre che mai si placano nel mondo, nonostante la nascita del Principe della Pace. Solo Colui che è adorato dai Magi porta la pace, quella vera, frutto del sacrificio sulla croce. L’abilità pittorica di Dürer è evidente nell’abbigliamento dei Magi e nei loro doni. I tre re rappresentano le tre età dell’uomo e le diverse tappe della fede. Il più giovane, africano, si è tolto la corona in segno di rispetto. Il suo dono è la mirra, simbolo dell’umanità di Cristo e della sua sepoltura, offerta in una pisside sul cui coperchio si scorge l’uroboro, antico rimando all’eternità. L’altro Magio che, in piedi, si volge a incoraggiare la fede del più giovane,  veste il verde della speranza cristiana fondata sulla preghiera: reca infatti il dono dell’incenso. Questo re, posto al centro, riccamente abbigliato, che regge un’opera di oreficeria identica a uno schizzo dell’artista, è con tutta probabilità l’autoritratto di Dürer. È lui che fa da sfondo al vero fulcro del dipinto: l’adorazione dell’ultimo re. Questi, inginocchiato, anziano nell’età e nella fede, offre al Bambino dell’oro, simbolo di regalità. Cristo si trastulla con lo scrigno, per ora ignaro che la sua regalità divina si manifesterà solo sulla croce. Di questo non è ignaro invece l’anziano Magio, che mentre adora il bambino rivolge alla madre uno sguardo dolente.
Maria ha il volto sereno e pensoso, veste un abito semplice, quasi monacale, tinto nel blu del Mistero della sua concezione verginale. La cintura, portata alta come nelle donne incinte, è un cordone monastico, rimando alla sua castità.
Dietro la Vergine ecco il bue, simbolo del popolo ebraico, e l’asino ragliante, simbolo invece dei gentili che esultano per la grazia della salvezza offerta loro da Cristo. Sulla destra, un personaggio esotico fruga furtivo in una borsa: egli raffigura l’ostilità verso il Messia, già presente in Erode, ma che trova il suo apice nell’Anticristo annunciato dalle Profezie. In primo piano il maestro di Norimberga raffigura alcuni simboli: sopra la ruota da mulino, la farfalla e il grillo annunciano la trasformazione dell’anima cristiana cui è aperta l’eternità, mentre, dall’altro lato il cervo volante denuncia l’insidia del demonio.
Così Dürer, al centro della scena, ci educa al grande Mistero dell’Incarnazione: certezza per l’uomo che crede e invito alla speranza per coloro che, pur non avendo ancora fede nel Cristo, cercano la verità.