Luoghi dell' Infinito > I cervi bianchi della Polonia fantasmi del tempo incantato

I cervi bianchi della Polonia fantasmi del tempo incantato

​Apro un cassetto chiuso da molto tempo, dove ho stipato – a strati successivi – vecchie carte, quaderni cominciati e mai finiti, copie di poesie che mi erano piaciute, pezzetti di matita, qualche spago e quelle buste riciclate che il mio ossessivo professore di archeologia riteneva necessarie per archiviare le schede compilate.
Chissà perché non le ho mai buttate via? – mi domando – ma poi le rimetto nel cassetto, indecisa. Sotto vedo apparire l’angolo di una fotografia ripiegata, in bianco e nero. Sul fondo grigio di un grande prato spiccano dei cervi bianchi. La apro, e la memoria si mette in moto, rievocando una sensazione di bellezza contemplata, di incantata lontananza. La didascalia dice: “Cervi nella radura della foresta boreale in Polonia”. Volto la pagina, dall’altra parte c’è un’altra foto, con scritto: “La taiga nella Polesia polacca”. Ed ecco la mente mi si apre, e ricordo il grosso manuale per l’esame di geografia all’università con la temibile professoressa Bevilacqua, e come mi fermai più volte, affascinata, davanti a quelle immagini, che poi staccai dal libro appena finito l’esame.
La qualità della carta non è buona, i cervi si vedono appena, ma sono tanti, e quasi tutti bianchi; solo qua e là qualcuno nero fa bizzarro contrasto. Stanno pascolando, pacifici, nell’ampia radura bordata da un fitto bosco, e nessuna minaccia sembra sfiorarli; sono come sospesi in un tempo misterioso all’interno della grande foresta. Splendide dame e cavalieri, falconi incappucciati e fantastici unicorni potrebbero arrivare in mezzo a loro, o potrebbero palesarsi elfi e coboldi; non si vede traccia invece, ricordo che notai, delle devastazioni della Seconda guerra mondiale che ferocemente fu combattuta in quelle zone della Polonia.
La seconda immagine è altrettanto suggestiva, a cominciare dalla didascalia. Dov’è esattamente la Polesia, mi domando, che certo non è Polonia, anche se i due termini si rassomigliano molto? Un appunto sotto la foto chiarisce in parte i miei dubbi: “È una zona di foreste, paludi e stagni situata fra Polonia, Bielorussia e Ucraina”, trovo scritto a matita, in minuscola calligrafia. E infatti in primo piano ci sono specchi d’acqua stagnante circondati di muschio e una piccola, seminascosta costruzione di legno, sotto la cupola di altissime betulle che bordano lo sfondo. Ma non è una fitta foresta, lo sfondo, come nell’altra fotografia: è un merletto intricato di alti fusti arborei che lascia passare la luce, una luce bianca, diffusa, come avvolgente: una luce del Nord che crea una situazione di strana tensione, carica dell’attesa di prodigi.
Gli esili fusti paralleli si innalzano verso il cielo, creando un’ingannevole atmosfera di luogo chiuso, che sembrerebbe inaccessibile. Ma invece, chissà quali tragedie, quali pogrom, saranno avvenuti in questa regione intrappolata fra stati potenti, senza accesso al mare! Cerco su internet la misteriosa Polesia e la sua taiga, e trovo le casette di legno con le finestrine riquadrate di colori vivaci, le strade di ciottoli lisci che si perdono nella foresta, le donne coi fazzolettoni, e un’acuta nostalgia mi prende. C’è ancora qualcuno, oggi, a tenerlo vivo, o quel mondo è finito per sempre? Ci sono ancora quei cervi nella foresta boreale, a comporre un arazzo glorioso?

di Antonia Arslan