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Il Risorto del Greco, fiamma di grazia

​Nel 1597, Domenikos Theo­­to­kopoulos risiede stabilmente a Toledo da venti anni. Aveva lasciato nel 1577 l’Italia dove, a causa della sua origine cretese, era stato soprannominato “il Greco”. Grazie all’influsso del colorismo veneto e del trionfalismo romano, la sua pittura aveva subito un radicale mutamento. Giunto in Spagna, aveva tentato di diventare pittore di corte presso Filippo II, ma invano. A Toledo, tuttavia, la sua fama si consolidò a tal punto che l’artista non riusciva a far fronte alle numerose commissioni che gli venivano offerte.
Nel 1596 il seminario agostiniano di Madrid, il Collegio dell’Incarnazione, fondato dalla nobildonna Maria di Aragona, gli commissiona un retablo, in seguito smembrato, con l’Annunciazione, l’Adorazione dei pastori, il Battesimo di Cristo, la Crocifissione, la Risurrezione e la Pentecoste. Quest’opera segna un’ulteriore trasformazione nel­la pit­tura del­l’artista. Dalle marcate influenze della pittura italiana, El Greco passa, attorno al 1600, a uno stile personalissimo, drammatico e dal forte impatto spirituale.
Nella Risurrezione, il corpo nudo e allungato del Salvatore sale al Cielo come fiamma immacolata. Lo stendardo bianco, segno del telo sindonico che lo avvolse nel sepolcro, copre le sue nudità mentre un drappo rosso appare impregnato del sangue redentore. El Greco sintetizza così due tra i temi preferiti della Controriforma: il Sacrificio e la Gloria.
Di fronte al fulgore del Risorto i soldati sono colti da timore: con i loro corpi contorti conferiscono spazialità a una scena che nulla concede all’ambientazione. Certa critica sostiene che El Greco, approdato in Spagna, dimenticò la prospettiva. Non è così: dei numerosi libri in suo possesso, per ogni trattato di pittura ne aveva quattro di prospettiva.Realizzare uno spazio privo di riferimenti ambientali fu una scelta. La Risurrezione si pone al di fuori di ogni rapporto di spazio e tempo. Il rivelarsi del Risorto stravolge le logiche umane, come sono stravolte le figure dei soldati. Cadendo a cerchio questi uomini lasciano uno spazio centrale vorticoso che ci introduce nel Mistero narrato. La Risurrezione di Cristo è qui e ora, per noi, un vortice di salvezza. Anche i colori primari usati dal­l’artista giocano un ruolo fondamentale nel­l’impatto emotivo. Il soldato in primo piano, cadendo, riflette il fulgore della gloria di Cristo: il giallo della sua lorica è simile all’oro delle icone conosciute da El Greco in patria.
Gli azzurri in primo e in secondo piano dirigono invece l’occhio verso l’alto aumentando in noi la sensazione di piccolezza di fronte al Mistero. Il soldato di sinistra, che si contorce in un misto di dolore e di richiesta di aiuto, veste il rosso sangue: il mantello porpora del Redentore diretto verso di lui sembra garantirgli perdono e misericordia. Tutto è avvolto da una luce vibrante, simile a quella delle candele, che le ombre grigie e nere esasperano ancor di più. Francisco Pacheco, pittore spagnolo che nel 1611 fece visita a El Greco, fu testimone dei piccoli modelli di gesso, argilla e cera che l’artista usava per poi creare le sue composizioni. La plasticità dei corpi tradisce, a dispetto del­l’assenza del disegno, la passione del maestro per l’anatomia.
Lungi però dall’essere puro virtuosismo, l’esasperare le forme rendendo quasi trasparenti le loriche dei soldati ottiene un effetto sorprendente, portando lo spettatore a riflettere sull’inconsistenza delle sicurezze umane di fronte all’incandescente forza della grazia divina.