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La via Francigena da Massa a San Miniato

​Ventiseiesima giornata.
Da Massa a Camaiore
Avete il privilegio di attraversare a piedi la Versilia, tra le pinete, i marmi e il mare: per quasi 26 chilometri. Vi imbatterete nel toponimo di Montignoso, ma scoprirete sulla via di Strettoia la torre ottagona mozzafiato del Castello Aghinolfi, d’origine longobarda. Sulla vostra destra scorreranno tratti di costa balneare dai nomi magici, e arrivati a Ponterosso, tra Forte dei Marmi e Fiumetto, scoprirete finalmente che il Versilia, il quale dà il nome a tutta quest’area, è in realtà un fiume vero e proprio, sia pur di modesta portata, che sfocia regalmente nel mare al Cinquale, tra due piccoli centri costieri dei quali il più settentrionale ricorda il pellegrinaggio col suo toponimo di Poveromo mentre il meridionale riconduce ai fasti epici e guerrieri (marmorei, appunto: e magari un po’ littori) di Vittoria Apuana.
A due terzi dell’itinerario tra Massa e Camaiore sorge la bella Pietrasanta chiusa tra le sue mura quasi intatte, che a est si arrampicano oltre l’abitato abbracciando un ampio spazio collinare tenuto a giardini, orti, campicelli, addirittura a sterrato. È la città natale di Giosuè Carducci, il quale ragazzo ne assaporò «la favella toscana» che, dalle labbra della sua amata nonna, «canora discendea, col mesto accento / della Versilia che nel cor mi sta / come in un sirventese del Trecento / pieno di forza e di soavità». Pietrasanta, fondata nel 1265, città di cavatori e di scultori dove però si sente anche il mare, è tutta lì, nella sua bella piazza col duomo duecentesco e il battistero, la Torre delle Ore, il convento di Sant’Agostino con il chiostro che ogni settembre accoglie la Fiera dei Piccoli Editori, il teatro cittadino, la bella statua del granduca Leopoldo II, l’ultimo rimpianto principe asburgolorenese di Toscana: questo fiero paese di repubblicani libertari ha voluto così mantenere intatta la riconoscenza a un sovrano mite e generoso. Se avete un po’ di tempo, prima di andarvene regalatevi un’escursione al Monte Altissimo con le sue cave di marmo candido care a Michelangelo, il sogno del quale era scolpire sulle sue pendici un nuovo colosso di Rodi che le navi avrebbero visto da lontano. E già che ci siete arrivate a Serravezza, con i suoi due piccoli poco noti gioielli cinquecenteschi, il duomo con un mosaico marmoreo di Jacopo Benti e il Palazzo Mediceo edificato da Bartolomeo Ammannati. Ma non basta ancora. E qui il ricordo si bagna di lacrime. Vicino a Serravezza c’è Stazzema, nome sacro alla Libertà: qui nel 1270 convennero versiliesi, garfagnini e pisani per giurarsi fedeltà reciproca in difesa delle loro istituzioni minacciate dalle pretese dei lucchesi. E qui vicino, nella frazione di Sant’Anna, si consumò nel 1944 l’eccidio di 561 cittadini innocenti, bambini compresi, vittime della rappresaglia di un reparto dell’esercito tedesco in ritirata che si vendicava così delle perdite subite in un attacco partigiano. Si era allora sulla Linea Gotica. Per chi verga queste parole, allora bambino di quattro anni, Sant’Anna di Stazzema non ha ancora pace.
Ma torniamo al nostro viaggio di pellegrini, durante il quale pregheremo ancora per la pace. Da Stazzema vale la pena di rasserenarci arrivando al monte Procinto, alla Grotta del Vento, alla pieve di Santa Maria Assunta. Camaiore (Casa Maior), col vicino Montemagno (Mons Magnum) sito in altura, ricorda ancora le lotte cittadine che interessarono la Versilia nella seconda metà del Duecento, tra Pisa, che affrontava non rassegnata la sua decadenza da potente città marinara, e Lucca, decisa a mantenere la sua libertà. Sigerico era passato da Camaiore, località illustrata da una precedente abbazia longobarda già alla fine del X secolo (XXVII Campomaior). Importanti la pieve dei Santi Stefano e Giovanni Battista e la badia di San Pietro.  
Ventisettesima giornata.
Da Camaiore a Lucca.
Un’altra lunga giornata, 26 chilometri, ma in pianura per la seconda parte. Passati gli ultimi rilievi apuani, ci si avvia per la Valfreddana: è frequente imbattersi nelle “croci della Passione” in ferro o in legno, memoria delle “missioni” dei padri Passionisti fra Otto e Novecento. Dopo Montemagno e il territorio detto “delle sei miglia” (la fascia di territorio che l’imperatore Enrico IV aveva concesso a Lucca in franchigia attorno al perimetro murario), si arriva a Lucca. L’impianto urbanistico della Lucca romana (la statio XXVI Luca di Sigerico) si è conservato praticamente intatto, protetto dalla cinta bastionata del XVI secolo. Quanti tesori nella bella cattedrale di San Martino - con il crocifisso ligneo detto “Volto Santo” e l’arca funebre d’Ilaria del Carretto, capolavoro di Jacopo della Quercia, e accanto al portale d’ingresso la celebre lapide del “Labirinto “ -, e nelle basiliche di San Michele e di San Frediano. Suggestivo in pieno centro l’impianto del­l’anfiteatro romano, assorbito in età moderna dalle abitazioni cittadine: l’arena è divenuta una piazza “chiusa” che ha mantenuto la caratteristica forma ovale.

Ventottesima giornata.
Da Lucca ad Altopascio.
Una “giornata breve” (18 chilometri e mezzo). In una pianura un tempo paludosa, oggi disseminata d’installazioni industriali, ci si imbatte in chiazze di pascolo o di bosco. Interessante la chiesa di Capannori con il suo campanile merlato. Nel medioevo, il tracciato viario che puntava verso il traghetto che avrebbe condotto i pellegrini sulla riva meridionale dell’Arno attraversava la zona paludosa delle “Cerbaie”, verso il “padule” di Fucecchio che in passato era un lago steso per tutta la Valdinievole, poi bonificata in età lorenese. Il viandante veniva guidato fino a un asilo sicuro dal suono della “smarrita”, la grande campana della domus hospitalis Sancti Jacobi de Altopassu, il celebre ospizio tenuto dai religiosi Ospitalieri collegati con l’“alto luogo” della devozione iacobea, Santiago di Compostella in Galizia. Famoso il simbolo del “Tau”. L’Ordine religioso - nonostante una tenace voce leggendaria - non era mai stato militare, cioè cavalleresco; tuttavia gli fu concessa nel 1239 la regola dei fratres Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Il pellegrino può recarsi a Pistoia, autentica Compostella toscana, con la sua splendida piazza e la cattedrale, dove è custodita una reliquia di san Jacopo, protettore della città, a cui è dedicato uno straordinario altare in lamina di argento.

Ventinovesima giornata.
Da Altopascio a San Miniato.
La tappa tra Altopascio e San Miniato è piuttosto impegnativa quanto a lunghezza, circa 29 chilometri, ma conserva tratti di natura libera e a tratti addirittura selvaggia, dominata da due centri che si guardano dalle rispettive parti dell’Arno: la fiorentina Fucecchio a nord, la pisana San Miniato a sud. Una traccia della regolamentazione medicea e poi asburgolorenese delle acque paludose si ha nel pittoresco complesso del Ponte a Cappiano (l’Aqua nigra di Sigerico), con torretta e ostello. L’Arno si raggiunge a Fucecchio, con la grande piazza Montanelli dominata dal monumento dedicato a Giuseppe, patriota e scrittore, avo del giornalista Indro che si vantava di essere fucecchiese, quindi fiorentino. Anche da Fucecchio, con la sua bella collegiata di San Giovanni Battista, è possibile partire a bordo dei tradizionali “barchini” per la visita a quel che resta del “padule” che di gran parte della Toscana medievale e protomoderna a nord e a sud dell’Arno, tra “Arnaccio” del Pian di Ripoli, Valdinievole, Maremma, Trasimeno e Valdichiana, faceva una specie di Finlandia oggi difficile a immaginarsi. San Miniato sorge alta sulla riva sinistra dell’Arno, disposta sul crinale di tre successivi poggi. Federico II vi fece erigere nella prima metà del Duecento una vera e propria rocca, che valse al centro demico la denominazione di “San Miniato al Tedesco”. Il duomo duecentesco è dedicato a Maria Assunta e a San Genesio. Nei pressi della cittadina,  è degno di visita, a Cigoli, il santuario della Madonna Madre dei Bambini (o, come qui si dice, dei Bimbi), antica pieve di San Giovanni Battista: originariamente sede degli Umiliati, oggi famosa per il suo tabernacolo gotico tre-quattrocentesco e per il presepio che vi si allestisce nel periodo natalizio.