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Liturgia e contesto, l’esempio di Contini

​Nel comune di Castel di Lama, al confine orientale della diocesi di Ascoli Piceno, dopo una prima selezione delle proposte presentate nel 2001 nell’ambito della quarta edizione dei Progetti Pilota, indetta dalla Conferenza episcopale italiana per la “realizzazione di un’opera esemplare nella nuova edilizia di culto”, la giuria sceglie il progetto elaborato dall’architetto Marco Contini di Parma – coadiuvato dal liturgista don Mario Cataldi e dallo scultore Giuliano Giuliani –, che vede la cerimonia della posa della prima pietra nel 2008 e, dopo un’interruzione di alcuni anni, la consacrazione della chiesa, dedicata al Santissimo Crocifisso, nel 2019.
La chiesa è uno degli elementi, l’ultimo realizzato in ordine di tempo, che compongono il grande centro parrocchiale che accoglie anche spazi per l’educazione e l’incontro e strutture ricreative e sportive. Centrale nell’articolazione dell’insieme è il percorso pedonale pubblico, fiancheggiato da ulivi, che attraversa il nuovo insediamento e crea una separazione tra la chiesa e le altre attività parrocchiali. Il progetto presenta un impianto planimetrico nel quale l’edificio di culto, con le sue forme e la sua spazialità, è interpretato come parte attiva in grado di dialogare efficacemente con il contesto urbano. Questo atteggiamento è una felice novità progettuale italiana che impegna il programma degli spazi richiesti per la chiesa anche attraverso un serrato dialogo con l’intero contesto dell’intorno. Trop­po spesso, recentemente, abbiamo assistito ad atteggiamenti che considerano “altro” il tessuto della città rispetto al tempio, sia nella scelta del linguaggio architettonico, sia nei materiali utilizzati o nella volontà di differenziare l’intervento dagli spazi domestici circostanti. Creare invece un insieme omogeneo con il tessuto urbano equivale a riconoscere anche al linguaggio contemporaneo maggiore “dignità” per lo spazio del vivere quotidiano: la possibilità di muoversi fra camminamenti e alberature in spazi disegnati che dialogano con i materiali scelti (prevalentemente il travertino locale) e la presenza di luci e ombre opportunamente calibrate, restituiscono valori di qualità anche a una periferia oggettivamente povera.
L’immagine d’insieme è ricondotta, spiega Contini, a una «chiara semplicità formale dove ogni elemento mantiene una sua propria riconoscibilità». Un secondo aspetto convincente lo si trova all’interno della chiesa ed è certamente la chiarezza del percorso liturgico, che attraversa longitudinalmente l’aula assembleare dall’ingresso fino al giardino interno, e lungo il quale sono disposti, in semplice successione, il fonte battesimale, l’ambone, l’altare e il crocefisso. L’ampia ellisse del presbiterio circondato dalle panche per i fedeli definisce l’intera aula.
Una terza nota di rilievo la riscontriamo nell’essenzialità e nel rigore del linguaggio architettonico. La geometria rigorosa della composizione si presenta ben equilibrata fra le varie componenti, così come l’ordine distributivo delle diverse funzioni. Regna un ordine nel quale ogni parte architettonica acquisisce un proprio linguaggio facilmente leggibile.
Dobbiamo riconoscere a questa chiesa di Marco Contini un insieme coerente di grande intelligenza costruttiva. Una visita è da raccomandare anche a quei critici e osservatori che volentieri fanno di ogni erba un fascio quando parlano dell’architettura ecclesiale contemporanea.
Una nota a parte è infine da riservare allo scultore Giuliano Giuliani per la sensibilità e la maestria con le quali ha saputo trasformare gli arredi liturgici in veri e propri nuovi “paesaggi in travertino”.