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Masaccio le coccole al Dio Bambino

​Madonna del solletico si chiama la tavoletta che Masaccio (1401-1428) dipinse circa il 1426-1427 e che, grande come un libro di medie dimensioni (cm 24,5 x 18,2), è custodita agli Uffizi, miracolosamente sopravvissuta alle rapine naziste durante l’ultima guerra e recuperata da Rodolfo Siviero negli ultimi anni Quaranta dello scorso secolo. Si chiama Madonna del solletico perché la Vergine, con due dita della mano destra, sta solleticando il suo bambino sotto il mento e il bambino ride felice, stringendo fra le due manine il braccio della Madre. Potremmo anche chiamarla “Madonna delle coccole” perché questo è proprio quello che la mamma sta facendo al piccolo Gesù, felice di vederlo così bello e di sentirlo caldo e allegro fra le braccia.
Si può immaginare la Madonna che gioca e scherza con il suo bambino che è Dio onnipotente ed eterno? È difficile pensarlo, eppure proprio questo Masaccio venticinquenne ha messo in figura nel dipinto degli Uffizi. Guardiamola da vicino questa tavoletta preziosa destinata alla devozione domestica.
La Vergine Maria è rappresentata con tutti gli attributi iconografici che le competono: il manto blu-notte bordato d’oro, la tunica rossa, l’aureola operata d’oro, emblema della sua santità. Guarda il suo bambino con tenerezza, con commossa affettuosa dedizione, ma si ha l’impressione che un velo di malinconia attraversi il suo sguardo come se, anche in questo momento felice, vivesse in lei la consapevolezza o forse il presagio, di quello che sarà un giorno il destino di un figlio così bello. Nel corso del gioco, la collana di corallo al collo del piccolo Gesù è scivolata sulla spalla mentre l’agitazione impercettibilmente muove la vestina di seta trasparente che copre il corpicino.
Roberto Longhi, che per primo, nel 1950, ha pubblicato la tavola attribuendola a Masaccio, scrisse che «il gruppo divino sembra quasi muoversi e passare». Come se un fotogramma fulmineo avesse fermato per un attimo l’apparizione della Vergine, sorpresa in intimità con il suo bambino.
Sul retro della tavoletta è dipinto uno stemma a scudo, con sei stelle in campo giallo, diviso a metà da una banda nera con una croce dorata al centro. Si tratta dell’arma gentilizia di Antonio Casini (1378-1439), fatto cardinale il 24 maggio 1426 da papa Martino V Colonna. Il 1426 è dunque il termine “post quem” per la realizzazione di questo capolavoro.
Poco dopo, fra il 1427 e il 1428, Masaccio dipinge ad affresco la Trinità di Santa Maria Novella, il dipinto che può essere considerato il vero e proprio manifesto del Rinascimento prospettico fiorentino. In seguito, attirato dalle occasioni di lavoro che il pontificato di Martino V sembrava promettere, Masaccio con il suo più anziano socio Masolino, si trasferisce a Roma. Qui ottiene la commissione della vita, l’opera che, una volta conclusa, lo avrebbe reso celebre a Roma e in tutta la Cristianità: l’esecuzione del polittico a più ordini per l’altare maggiore della basilica di Santa Maria Maggiore.
Masaccio inizia a lavorarci, fa in tempo a portare a termine il comparto di destra con i santi Girolamo e Giovanni Battista (conservato oggi alla National Gallery di Londra) ma nel giugno del 1428 muore, a ventisette anni non ancora compiuti, probabilmente ucciso dalle febbri malariche, endemiche e sovente mortali nella Roma di allora.
«Noi abbiamo fatto una gran perdita». Questo il commento dell’amico Brunelleschi alla notizia della scomparsa di Masaccio, e le sue parole ci danno l’idea del vuoto che, nel mondo della cultura e delle arti, quella morte aveva prodotto.
La vicenda di Masaccio attraversa come una meteora la storia dell’arte italiana ed europea all’inizio del XV secolo. È lui il pittore che nel Tributo della Cappella Brancacci al Carmine di Firenze, nel rappresentare gli apostoli assembrati intorno a Cristo, ha costruito quello che è stato definito un “Colosseo di uomini”, uomini che concretamente pesano sulla terra e sulla terra gettano ombre vere. È lui il pittore che, nello stesso luogo, fa “tremare gli ignudi” nel Battesimo dei neofiti e racconta la città moderna nel San Pietro che guarisce con l’ombra. Ebbene, questo stesso pittore, chiamato alla rappresentazione eroica, spaziosa e veritiera dell’umano e del divino, si commuove all’idea della Madonna immaginata come una mamma che gioca con il suo bambino, e ci consegna questo piccolo grande capolavoro di tenerezza materna.

di Antonio Paolucci