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Moser la chiesa e la città

​di Mario Botta

Risale al 1910 l’acquisto, da parte della comunità cattolica di Basilea, del terreno nel quartiere industriale di St. Johann sul quale realizzare la chiesa di Sant’Antonio. Il concorso di architettura indetto successivamente non diede risultati convincenti, per cui la parrocchia chiese un consulto all’autorevole architetto Karl C. Moser (Baden, 1860 - Zurigo, 1936) che in breve tempo conquistò la fiducia della committenza con una proposta progettuale originale e inattesa.
La difficoltà nell’ideazione della nuova chiesa derivava dalla posizione urbana del terreno messo a disposizione che, da un lato, si presentava allineato sullo stesso fronte degli edifici contigui lungo la strada e, dall’altro, nella parte arretrata della corte, offriva un ampio spazio libero per una possibile edificazione (come in effetti veniva proposto nella maggior parte dei progetti di concorso). Karl Moser avanzò, invece, una soluzione ingegnosa che poneva il corpo allungato della chiesa parallelo al fronte stradale, realizzando di fatto una continuità con gli edifici residenziali della strada. Un’ulteriore invenzione progettuale è data dalle due estremità del corpo edilizio della chiesa, che si configurano – l’una con un grande portale monumentale in calcestruzzo che permette di accedere alla corte (dove si trovano la sagrestia e la casa parrocchiale), l’altra connotata da un’imponente torre campanaria alta settanta metri (un “silos per le anime” dissero subito le malelingue di quel tempo) – come una presenza in dialogo con i contenuti industriali propri di quel quartiere.
È evidente come questo impianto planimetrico, coraggioso e innovativo, subordini intelligentemente una soluzione architettonica alla morfologia urbana: la tipologia ecclesiale non viene considerata come un corpo autonomo, ma come parte del disegno della città. Risiede in questa magistrale idea una nuova modernità. Per questa realizzazione va poi segnalato l’uso libero e spregiudicato del calcestruzzo lasciato a vista, proprio in un momento in cui questo materiale era prerogativa unicamente delle costruzioni industriali. Un uso di grande attualità nelle configurazioni esterne e profondamente tradizionale e classico negli spazi interni che presentano una tipologia basilicale a tre navate, di cui quella centrale voltata a pieno arco. Le pareti delle navate laterali si caratterizzano per la presenza di grandi vetrate a tutta altezza, per le quali l’architetto si avvalse dell’intervento degli artisti Otto Staiger e Hans Stocker, così da inondare lo spazio di luce e colori, rendendolo metafisico.
Questa chiesa basilese, realizzata tra il 1925 e il 1927, esprime compiutamente la coscienza critica di quel momento storico in cui l’eclettismo di fine Ottocento si confronta con i nuovi canoni di una possibile bellezza che incontrerà presto le avanguardie artistiche del Novecento. La disinvoltura nell’utilizzo di nuovi materiali dentro forme artistiche e funzionali nate da tipologie consolidate da un lungo passato, è un rovello che ritroviamo nelle zone incerte nei periodi di transizioni epocali. Anche per questo Karl Moser è oggi ristudiato come maestro di grande modernità: il suo insegnamento e la nuova gerarchia di valori introdotti rispetto alla città, restano un monito severo verso coloro che non riescono a rimuovere il proprio linguaggio da una sempre più inquietante autoreferenzialità.