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Anima, tenerissima forma bisognosa di cure

​Carlo Ossola

Sappiamo noi come sta la nostra anima, o almeno come è fatta, le rendiamo visita ogni tanto? A forza di pensarla soffio e respiro, invisibile, imponderabile, non ne riconosciamo più il volto e la voce.
Eppure per Dante più che una parvenza era tenerissima forma, uscita danzante dalle mani di Dio: «Esce di mano a lui [Dio] che la vagheggia / prima che sia, a guisa di fanciulla / che piangendo e ridendo pargoleggia, / l’anima semplicetta che sa nulla, / salvo che, mossa da lieto fattore, / volontier torna a ciò che la trastulla» (Purgatorio XVI, 85-90). Al centro esatto delle tre cantiche della Divina Commedia, la creazione dell’anima è il festoso apparire di una bimba che – «a guisa di fanciulla» – si trastulla, e «pargoleggia»: si libera nei versi una luce di letizia; l’anima è la “vagheggiata” dal Creatore.
Già nei Salmi e sino a Pier Luigi da Palestrina, l’anima è come un passero che liberi in cielo il suo volo: «Anima nostra sicut passer erepta est de laqueo venantium» (Sal 123,7); nel processo di canonizzazione di santa Margherita di Ungheria (1242-1271) si legge che, tra i suoi miracoli, di fronte a una giovane che sembrava morta, ella faceva «rientrare in quel corpo l’anima come in un guanto» (Legenda vetus).
Del resto i Salmi stessi autorizzano a pensare all’anima, se non come a una fanciulla, almeno come a una lattante: «sicut ablactatus in sinu matris suae, / sicut ablactatus, ita in me est anima mea» (Sal 130,2: «come un lattante in braccio a sua madre, come un lattante è l’anima mia»). E così è rappresentata, nella tradizione pittorica medievale, come una lattante in fasce, l’animula della Vergine, che nelle braccia di Cristo ascende al cielo nella sua miracolosa dormitio. Carl Gustav Jung, nel suo saggio Metamorphoses of the Soul and its Symbols (1912), mostra quanto le civiltà abbiano amato dotare l’anima di un suo corpo e forma, sì che non possiamo disertarla.
Prova oggi ad avere un colloquio e qualche visitazione con lei Catherine Ternynck, psicanalista francese, docente all’Università Cattolica di Lille, che ha pubblicato nel 2018 (ora tradotto presso Vita e Pensiero) La possibilità dell’anima. Già nota e apprezzata per il suo volume L’uomo di sabbia. Individualismo e perdita di sé (2012), la studiosa pone delicatamente in esame ciò che ci allontana dalla nostra anima: «Iniziò a cercare negli altri ciò che la spaventava in se stessa». È una lunga ricerca prima di rincasare in sé: «Ho imparato ad ascoltare l’umile preghiera delle cose, a tendermi verso l’invisibile dei luoghi, a sondare l’ineffabile. A volte mi è capitato di presentirlo. Era una forma sfiorata, un appello mormorato, […] segni impalpabili dell’essere che si era ritirato».
Una forma sfiorata: che non ci appartiene ma ci parla e che ha bisogno, come un lattante, delle nostre cure e del nostro nutrimento. Una forma sfiorata, con delicata premura. Se l’animus è il coraggio, per cui si è “animosi”, l’anima è la tenue midolla, da cui tuttavia passa tutto di noi, radice invisibile ma pulsante del nostro essere.
Scriveva Fabio Ambrosio Spinola, acuto gesuita del secolo XVII (1593-1671), che «nemmeno dal volto [della Vergine] poteva raccogliersi l’interna croce, in cui l’anima della Vergine era confitta: nec poterat ex facie colligi crux illa animae et medullatum holocaustum erat» (da Cristo appassionato e la Vergine addolorata. La citazione latina è tratta dal De septem verbis Domini in cruce di Arnol­dus Bonavallis, abate benedettino del XII secolo). La formula, che risale a san Cipriano, padre della Chiesa del III secolo («Nec poterat ex facie colligi Crux illa animae et patibulum spiritus in quo erat hostia viva, beneplacens Deo, et medullatum holocaustum», dal Tractatus de VII verbis Domini in cruce, Tractatus tertius), esibisce quella silente saturazione che sembra dover scoppiare e invece s’infossa, acuminata lama, nel cuore: «moriebatur, et mori non poterat; […] ipsaque sine strepitu seipsam mactans».
Piccolo lattante e non meno olocausto opimo, l’anima ci allieta e si tende: ricettacolo e momento di eternità.