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La diplomazia della Chiesa dà voce alla speranza degli ultimi

​Michael Czerny

La mia esperienza di artigiano di pace si è sempre collocata all’interno dello svolgimento di un incarico affidatomi dalla Chiesa. Dopo decenni dedicati alla costruzione della pace in contesti diversi come il Canada, l’America Centrale e l’Africa, e dopo aver avuto responsabilità a livello internazionale per oltre vent’anni a Roma, sono stato veramente emozionato e colpito nel trovarmi lo scorso febbraio, nelle prime settimane dopo l’in­vasione russa dell’Ucraina, proprio nelle zone di confine tra Polonia e Ucraina e tra Slovacchia e Ucraina, per manifestare l’ardente desiderio di pace della Chiesa, in qualità di inviato del Santo Padre. Il Papa stesso è pronto a recarsi a Mosca e a Kiev nel prossimo futuro, non appena ci saranno le condizioni minime per il dialogo. Nel frattempo, è stato un onore rappresentarlo testimoniando il suo desiderio di vero ascolto e dialogo.
Il Papa ha detto recentemente che la causa della pace «merita che tutti, a partire dai governanti, si chinino ad ascoltare con serietà e rispetto» (Incontro di preghiera per la pace con i leader cristiani e delle religioni mondiali, Roma, 25 ottobre 2022). Ricordo che questo è stato particolarmente vero nell’ottobre 1962: durante la crisi dei missili di Cuba, papa Giovanni XXIII affermò che «promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra» (Radiomessaggio per l’intesa e la concordia tra i popoli, 25 ottobre 1962).
Oggi le minacce alla pace non sono meno pericolose. Il Santo Padre le affronta in due encicliche di grande profondità. Laudato si’ invita a invertire il drammatico declino del pianeta nella capacità di nutrire e ospitare tutti, preservando la sua biodiversità. Fratelli tutti mostra che non ci sarà una reale possibilità di pace finché tutti gli esseri umani non si considereranno fratelli e sorelle. Le parole di papa Francesco possono sembrare addirittura scontate, ma in realtà esprimono una proposta molto radicale: essere aperti all’incontro, ascoltare con umiltà e profondità, non rinunciare mai al dialogo, camminare insieme.
Nella mia esperienza, diventa credibile come operatore di pace chi è percepito da tutti gli attori coinvolti in un conflitto come capace di un ascolto autentico e disinteressato. Quando questo accade, allora si intravvedono i primi vaghi contorni di un possibile processo di pace. Non è ancora la pace vera, ma l’emergere di un sentiero che promette di raggiungerla.
Ricordo un negoziato in Ginevra in cui erano coinvolti diplomatici di professione e funzionari nazionali e internazionali di alto livello. Mi chiedevo quale fosse il senso della presenza di alcuni sacerdoti. La risposta è emersa dallo svolgimento dei lavori: «Voi parlate in nome dei poveri e delle vittime che conoscete, di coloro che da tempo subiscono ingiustizie, di coloro i cui diritti sono violati. Se non ci foste voi, nessuno ascolterebbe la loro voce».
In un’altra occasione mi trovavo in un luogo in cui la popolazione, dopo aver subito violenze inaudite, aveva ritrovato qualche speranza di ottenere la pace. Rimasi perplesso perché l’attenzione si focalizzava su questioni relative al comportamento della polizia e delle forze di sicurezza. Ma poi compresi che, se non vuole rimanere astratta, la “grande idea” di pace non può prescindere dalla sua dimensione feriale. Sono le persone concrete a chiederlo, perché altrimenti non possono godere di una pace autentica nella vita di ogni giorno, di quelle condizioni che permettono di vivere, crescere e invecchiare serenamente.
Questi esempi non contengono la formula per produrre la pace sempre e comunque. Ma mostrano che l’ascolto e il dialogo sono elementi indispensabili alla sua reale costruzione: «Disinneschiamo i conflitti con l’arma del dialogo», afferma papa Francesco (Incontro di preghiera per la pace, 25 ottobre 2022). Dobbiamo provarci con coraggio: «Beati gli operatori di pace – dice il Vangelo –, perché saranno chiamati figli di Dio» (Mt 5,9), cioè fratelli e sorelle capaci di ascoltarsi a vicenda.