Luoghi dell' Infinito > Editoriali > L’anima della città, la storia, la fede, la gente

L’anima della città, la storia, la fede, la gente

​Enrico Solmi


La città e il territorio sono più della somma aritmetica di chi li abita o delle cose che lì si trovano. Parma ha un’anima che la identifica e che è lievitata nel tempo nell’intreccio tra i caratteri della gente, il territorio e vicende, persone, prove. La scopriamo seguendo un itinerario tra la storia e l’urbanistica della città.
Partiamo dal Battistero con la mostra dei Mesi dell’Antelami. Un’armonia pacata è un tratto dell’anima di Parma. I Mesi dell’Antelami ci parlano del desiderio di armonia che è di questa città. Affiora dai volti, dall’insieme del costrutto plastico antelamico l’armonia tra tempo e lavoro nel coltivare il creato. Risalta l’umile nobiltà, quasi una raffinata finezza, nella persona umana, originata dall’impegno verso la terra, l’humus fecondo di nobile dignità. I Mesi narrano il lavoro con immagini non drammatiche – non è più una maledizione, ma collaborazione: è redento, come tutta l’umanità – ma realistiche: si taglia, si pota, si vanga… in un contesto, diremmo in un ecosistema, che porta la terra a collaborare con l’uomo.
Non è un caso che Parma abbia eccellenze prodotte da una terra generosa e ben custodita, frutto di tradizioni antiche, sapientemente innovate. Un’armonia che non disdegna impennate di umore in reazioni emotive, così pure la nobiltà che proviene dal lavoro non impedisce forme di vanto che, se non ostentato, è palesato con compiacenza. Nasce una dialettica non scomposta, segnata da rischi e opportunità per affinare questa anima antica.
Continuiamo il nostro itinerario.
È significativo il patrono della città: sant’Ilario di Poitiers. La legenda lo vede a Parma destinatario di uno squisito atto di umile ospitalità. Un calzolaio lo accoglie infreddolito e gli confeziona un paio di scarpe. Il santo lo ripagherà con una scarpetta d’oro. L’umiltà e l’accoglienza sono nell’anima della città come un patrimonio antico da (anche qui) affinare e far crescere, in un tempo in cui non sono scontate.
Girando nel centro di Parma scopriamo vie strette, i “borghi”. Possono indurre la tendenza a chiudersi, ma proprio da questi borghi Parma è arrivata al mondo. E questo segna la sua anima. Emblematica la figura di san Guido Maria Conforti che nasce nella campagna parmense, si forma nei borghi e arriva agli “estremi confini della terra”, in Cina, con il suo sogno missionario che diventa realtà nella famiglia saveriana da lui fondata. Anche questa è Parma, con rischi e grandi potenzialità per non lasciarsi chiudere in orizzonti abbassati e restare aperti al bene, dinamica ben presente nella storia di Parma.
Eccoci al grande restauro della chiesa di San Francesco del Prato. Un gotico umile e solenne, ardito e armonioso, deturpato dal potere napoleonico che lo trasformò in carcere, viene ridonato al suo primitivo mandato e splendore. Riparare la chiesa di San Francesco consente di prelevare da un tesoro di vita per investirlo nel tempo presente e nel futuro. Una parte dimenticata di Parma tornerà a vivere, il centro storico si estenderà «dalla parte della chiesa di San Francesco», come diceva fra Salimbene, che qui diventò francescano. Non solo si ridisegna il tessuto urbano, ma si attinge alla sua storia che ha segnato l’anima e l’indole della collettività parmigiana. Qui infatti sono passate vicende e personaggi, famiglie del passato – quante sepolture! – che rinvigoriscono il coraggio di confrontarsi con un oggi abitato ancora da tanti che chiedono aiuto e sostegno.
L’ex carcere che tornerà chiesa ricorda alla città la periferia più periferica, qui al centro dell’urbe. Un concentrato di dolore, di male inferto e punito, ma anche di rinascita e di riscatto grazie all’aiuto dei buoni, come la beata Anna Maria Adorni e padre Lino Maupas.
Riparare la chiesa di San Francesco indica una chiara direzione per riscoprire l’anima della città ripartendo dalla gente con al centro le periferie, scelta imprescindibile, unita alla volontà di operare insieme, come avvenne per la sua costruzione. Camminare concordi significa far parlare e ascoltare chi è più fragile, chi vive con apprensione e difficoltà. I giovani, in particolare. È, in senso etimologico, un percorso sinodale sul quale la Chiesa di Parma si è inoltrata, riprendendo un’antica tradizione che costituisce, nei modi e negli esiti, un contributo all’anima della città.