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Musei Vaticani custodire come vocazione

​Barbara Jatta

I Musei Vaticani sono uno scrigno di tesori. Migliaia di manufatti nati dalla creatività umana, concepiti, realizzati e raccolti nei secoli al servizio della storia, dell’arte ma soprattutto in nome della fede cristiana. Le straordinarie potenzialità di evangelizzazione racchiuse nelle collezioni museali pontificie sono state intuite nel corso dei secoli da papi, cardinali, ecclesiastici e laici al loro servizio che hanno operato per incrementare, potenziare, curare e condividere tale patrimonio.
La missione dei Musei è infatti far conoscere, preservare e condividere lo straordinario lascito di cultura, storia, bellezza e fede raccolto e custodito dai pontefici romani per secoli. Preservare significa salvare, difendere, restaurare e premunire le cose dall’azione nociva di agenti esterni. Condividere designa al contempo collaborare e comunicare con gli altri.
Molteplici le azioni di tutela e restauro, sia di tipo giuridico che di ordine pratico, già a partire dalla seconda metà del Quattrocento con i papi Pio II Piccolomini e papa Sisto IV della Rovere. Tutela che si è andata esplicando poi nel corso dei secoli successivi con azioni, bolle ed editti, come la nomina da parte di Leone X nell’agosto del 1515 di Raffaello a “prefetto di tutti i marmi e le lapidi” di Roma, o il motu proprio di Giulio III che nel 1554 nominava Mario Frangipane Commissario Generale delle Antichità di Roma, fissando per la prima volta con precisione compiti e poteri dell’ufficio incaricato della tutela.
Tante sono state le azioni di cura e salvaguardia che si sono quindi succedute – dall’editto del cardinale Bartolomeo Pacca nel 1820 fino alla fine dello Stato Pontificio – e che sono state di fondamentale esempio per il nascente Stato italiano. E poi ancora, con la creazione dello Stato della Città del Vaticano nel 1929, le tante iniziative intraprese dai pontefici, fino all’attuale legge vaticana di Tutela dei Beni Culturali (n. 355) voluta da san Giovanni Paolo II nel 2001.
Ma come operano oggi i Musei Vaticani nel campo della conservazione e del restauro? Quattordici reparti distinti, sette laboratori di restauro organizzati per tipologie di materiali, un Gabinetto di ricerche scientifiche che permette di programmare ed eseguire tutte le indagini diagnostiche necessarie per svolgere al meglio un’attività conservativa e di restauro, un Ufficio del Conservatore che con la sua competente azione controlla gli ambienti museali e le opere nel loro complesso. In totale uno staff di quasi cento professionisti fra restauratori, conservatori e scienziati a servizio della conservazione e del restauro. Oggi i Musei del Papa possono contare dunque su un’équipe interna di altissimo livello che vigila sul vastissimo patrimonio esposto e su quello conservato in più di quaranta depositi e che cura il sistematico monitoraggio ambientale e climatologico nei luoghi di esposizione, di conservazione e di lavoro. Un’eccellenza mondiale che è molto ben percepibile venendo in visita o navigando sul nostro sito.
Preservare, quindi, e condividere. Sono questi i principi che vengono portati avanti nei Musei Vaticani attraverso i tanti specialisti coinvolti nei restauri e nella conservazione e manutenzione preventiva, con un puntuale e determinato disegno di attenzione verso la condivisione. Condivisione e contatti che si sono implementati nel periodo di pandemia, in un periodo di incertezze personali e professionali. Gli scambi, anche con tanti colleghi internazionali, su come affrontare alcune situazioni critiche sono stati fruttuosi.
Il tempo di chiusura forzata e di presenza ridotta dei nostri visitatori ha offerto l’occasione per svolgere una serie di lavori complicati da realizzare in presenza di pubblico. Le Stanze di Raffaello hanno finalmente un nuovo sistema di climatizzazione attento al luogo. Lo stesso può dirsi della nuova illuminazione della sala VIII della Pinacoteca Vaticana, dedicata alle opere di Raffaello, che conserva i preziosi arazzi concepiti per la Cappella Sistina e le tre “pale” vaticane (la pala Oddi, la Madonna di Foligno e la Trasfigurazione) identitarie delle diverse fasi artistiche del “Divin pittore”. E molti altri sono i cantieri di restauro portati avanti in questo periodo, sempre in nome della storia, dell’arte ma soprattutto della fede cristiana.