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Un capolavoro per i banchi di scuola

​Mariapia Veladiano

Perché leggere (ancora) I Promessi sposi a scuola? Qualcuno dice che non c’è nessun buon motivo. Non si discute il valore del romanzo, capolavoro riconosciuto universalmente, ma la lingua è difficile, la storia vetusta, le digressioni lunghissime, c’è necessità di note e commenti, spiegazioni storiche, soprattutto, e linguistiche. E quindi, perché?
È una lettura di scuola dalla fine del­l’Ottocento. Prima obbligatoria, ora raccomandata perché i programmi in senso stretto non esistono più, anche se non lo sanno in molti. Impossibile, da non specialisti, inseguire la storia della critica. Si passerebbe la vita fra intere biblioteche. Un successo anche di popolo, a dispetto di un drappello di diritti del lettore, formulati da Daniel Pennac nel suo decalogo, platealmente violati dall’obbligo di scuola: diritto di non leggere, di saltare le pagine, di non finire. Una quantità di espressioni del romanzo sono entrate nel linguaggio comune: il latinorum che Renzo rinfaccia a don Abbondio, la Perpetua, il vaso di terracotta fra vasi di ferro, Carneade! Chi era costui?
Perché è un romanzo straordinario. Per la lingua, una ricerca di anni, riscritture, ogni espressione vagliata e rivista. Per la vicenda di Renzo e Lucia, un sopruso, e i soprusi sono universali, e per l’ambientazione storica, scopertamente patriottica, etica, di denuncia. Ricerca storica e intreccio. Un romanzo che ha saputo attraversare anche la rivoluzione della didattica. Quando a scuola si è cominciato a studiare la struttura del testo narrativo, I Promessi sposi sono stati il modello ancora una volta perfetto. Fabula, intreccio, digressione, storia nella storia, tutto si poteva esemplificare attraverso il romanzo di Manzoni. Che poi questo facesse bene alla lettura e all’apprezzamento del testo, è un’altra cosa. Probabilmente non fa bene alla lettura di nessun testo, fra i banchi di scuola superiore. Potrebbe restare un sapere specialistico per l’università, ma questo è un altro discorso.
E oggi, perché leggere a scuola I Promessi sposi si può ancora fare con piacere e vantaggio per i ragazzi? Padre Silvano Fausti, che era un grande maestro di spiritualità e un appassionato di letteratura, diceva sempre che un buon romanzo lo si riconosce dal fatto che il lettore si può riconoscere in tutti i personaggi. Portava proprio l’esempio dei Promessi sposi. Tutti siamo a tratti pavidi come don Abbondio, o prepotenti come don Rodrigo, o impulsivi come Renzo o tramaccioni come Agne­se. Niente dell’umanità raccontata in un buon romanzo ci è estranea, diceva, ma nello stesso tempo queste diverse passioni non ammiccano al nostro spirito, sappiamo riconoscerle vere in noi, ma sappiamo riconoscere quelle che ci rendono più umani. Basterebbe questo. La polifonia dei personaggi nei Promessi sposi è tutta letteraria, non è spontanea, immediata, ma proprio anche per questo la si sente vera. C’è la mediazione. Della scrittura, della comprensione emotiva. Ciascuno trova il suo motivo profondo di lettura da mettere a tema e problematizzare. La vita, la storia, l’ingiustizia, la fede. Rimane che è una lettura difficile, che richiede una mediazione importante e competente da parte dei docenti. Era così anche nel passato, non si tratta di decadimento del tempo presente in questo caso. Ma si può fare eccome.
Se leggere I Promessi sposi a scuola vuol dire accondiscendere a un’inerzia burocratica o peggio didattica, allora non ha senso. Ma non è scritto nelle stelle che deve essere così. Correndo il rischio di essere naïf, oggi I Promessi sposi a scuola “funzionano” - nel senso che portano un sapere e piacere significativi - solo se chi li propone trova il modo, proprio, personale, originale e competente, di restituirne una modernità fatta anche di fotogrammi, di fermo-immagine su cui riflettere. In questo senso l’ottavo dei comandamenti del lettore, la lettura a spizzico, può didatticamente servire a introdurre il fascino universale dei personaggi e delle situazioni. Poi se l’interesse nasce, ci sarà il modo per chi vuole di leggere tutto e poi rileggere, in età diverse. Papa Francesco ha definito I Promessi sposi “un capolavoro sul fidanzamento”. Ecco, l’esperienza di scuola dice con certezza che la figura di Lucia è la meno attuale e la più difficile da avvicinare, è un personaggio irriducibile alla modernità, ma che permette una riflessione sul femminile del nostro tempo. E va bene così, la scuola anche questo fa.